Professoressa Teresita Mazzei
Commissione Medicina di Genere Ordine dei Medici-Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Firenze
Si parla molto, e non solo l’8 marzo, di disuguaglianze femminili in campo economico, di carriera e ruoli sociali, ma poco si parla e si conosce di disparità di salute.
Tutti sanno che la donna ha un’aspettativa di vita superiore all’uomo di circa quattro anni (vita media per l’uomo in Italia 81,9 anni e per le donne8 5,97 – dati ISTAT 2022), ma pochi sanno che questi anni di vita in più sono gravati per la donna da malattie e disabilità, soprattutto malattie croniche (cardiovascolari, ipertensione, artrite/artrosi, osteoporosi).
Molto lontano dalla percezione comune è il dato che le malattie del sistema circolatorio sono la causa di morte più frequente in ambedue i sessi, ma con una incidenza decisamente superiore per le donne (51,4% dei decessi per le donne e 42,4% per gli uomini). Le stesse malattie poi sono diverse non solo per frequenza, ma anche per sintomatologia: se prendiamo l’infarto, ad esempio, i sintomi nella donna sono raramente il classico dolore acuto retrosternale ;piuttosto si manifestano dolori allo stomaco oppure solo stanchezza, ansia, mancanza di respiro. La diagnosi quindi è più complessa e difficile nella donna e si traduce in un minor trattamento e maggiore mortalità.
La donna presenta più frequentemente i classici sintomi della depressione, ma l’uomo depresso è meno trattato farmacologicamente e si suicida con una frequenza quattro-cinque superiore.
Essere donna è un fattore di rischio per la demenza: gravi deficit cognitivi incidono pesantemente sui quattro anni di maggior sopravvivenza femminile.
La donna consuma più farmaci dell’uomo e sono farmaci studiati prevalentemente in soggetti giovani e maschi, del peso ideale di 70chili: adoperarli nelle donne giovani e anziane con pesi spesso diversi, dai 50 ai 90 kg, è una grave leggerezza. Questo è infatti uno dei motivi per il quale le donne vanno più incontro ad effetti collaterali da farmaci, insieme al fatto che sono poco coinvolte nelle sperimentazioni precliniche e cliniche.
Di questo e di molto altro si occupa la Medicina di Genere, disciplina trasversale ai vari saperi medici e poco conosciuta anche dal personale sanitario che finora non è stato formato a diagnosticare precocemente e di conseguenza a trattare in maniera adeguata la stessa malattia così diversa nei due sessi/generi. Medicina di Genere vuol significare una medicina che considera non solo le differenze biologiche legate al sesso ma anche quelle legate alle differenze che ogni essere umano, uomo o donna, plasmato dalla vita, dal diverso ambiente socio-economico, culturale e di ruoli e stereotipi viene ad acquisire in salute e malattia. In buona sostanza, il genere. Oggi quindi dobbiamo modificare le politiche sanitarie, fare formazione per poter garantire a uomini e donne diagnosi corrette e tempestive, itinerari diagnostici giusti, terapie basate su evidenze di efficacia ed effetti collaterali che negli ultimi anni si stanno rivelando sempre più diverse. La Medicina, la Salute e la Sanità devono passare da una visione antropocentrica ad una Medicina personalizzata che non guardi alle malattie che colpiscono solo gli uomini o solo le donne, ma sappia come ogni malattia si presenta, evolve e risponde ai trattamenti nell’uomo e nella donna. La dimensione di genere è una necessità di metodo e di analisi.
Solo con questo grande cambio di paradigma la visione sanitaria globale ed il nostro Sistema Sanitario potrà colmare queste disuguaglianze di salute che ad oggi colpiscono prevalentemente il genere femminile.
Non a caso l’OMS ha inserito dal 2000 la Medicina di genere nell’Equity Act, a testimonianza che il principio di equità implica non solo la parità di accesso alla cura di donne e uomini, ma anche l’adeguatezza e l’appropriatezza di cura secondo il proprio genere.