Antonio Panti
La vicenda dell’anarchico Cospito, che ha deciso un digiuno ad oltranza per protesta contro il regime carcerario cui è sottoposto, il cosiddetto 41 bis, ha scosso l’opinione pubblica ed è stata oggetto di numerosissimi dibattiti che hanno affrontato il problema dal punto di vista giuridico, politico e umano. Tuttavia, in qualche dibattito, è stato sollevato il problema dell’assistenza medica, non tanto durante il digiuno, essendo ormai pacifico che nessuno può intervenire obbligando all’alimentazione chi non si alimenta per libera scelta, quanto in caso di aggravamento delle condizioni fisiche, in particolare qualora si pervenisse alla perdita di coscienza.
Al di là di ogni considerazione politica o giuridica, che qui non interessa, è bene chiarire che questo caso non riguarda in alcun modo la medicina dal punto di vista deontologico o legale. Sul piano umano vi può essere un coinvolgimento emotivo mentre sul piano professionale il curante tenterà di convincere quel cittadino a sopravvivere interrompendo il digiuno. Però non potrà far niente per forzarlo ad alimentarsi, tanto meno un TSO, assolutamente improponibile in costanza di capacità di intendere e di volere e senza alcuna manifestazione psichiatrica.
Il Codice Deontologico si fonda sul rispetto dell’autodeterminazione del paziente e la legge vigente, la 219/17, è assolutamente chiara. Il cittadino esprime la sua volontà, e Cospito lo ha fatto anche a futura memoria, come i telespettatori hanno potuto constatare dalla riproduzione delle sue volontà autografe; il medico è tenuto a seguirle, in applicazione del Codice Deontologico e della l. 219/17, salvo che contrastino con le predette norme, il che non è.
In conclusione, al di là di ogni considerazione umana, i medici non possono intervenire. Questo caso non ha a che fare né con l’eutanasia né col suicidio assistito ma solo con la libera scelta di un cittadino di pagare anche con il sacrificio della vita la fedeltà ai propri ideali, quali che siano. Quindi il caso esula dalla deontologia del medico che non può né deve intervenire nel rispetto dell’ordinamento vigente.
P.S. Per approfondimento si rinvia al testo della Dichiarazione di Malta dell’Associazione medica mondiale riguardo agli scioperi della fame dei detenuti (adottata il 5 dicembre 2022), che prevede che i professionisti debbano sempre far prevalere il loro dovere di lealtà nei confronti del paziente, rispetto all’ordine eventualmente impartito dall’autorità (par. 6) e che i medici non possono esercitare pressioni di alcun tipo sullo sciopero della fame (par.16). In linea con tali principi, le Linee guida per i medici in materia di tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti o in relazione alla detenzione (Dichiarazione della World Medical Association di Tokyo, adottata il 6 settembre 2022) affermano che la persona detenuta che consapevolemente rifiuta di alimentarsi non deve essere nutrita artificialmente.