Pietro Dattolo, Presidente dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Firenze e provincia
Gli ultimi dolorosissimi fatti di cronaca hanno più che mai dimostrato che è arrivato il momento della concretezza. La morte della Dottoressa Barbara Capovani non sia vana. Dimostriamo, come società e come politica, di non fare solo “chiacchiere” dinnanzi ad episodi di tale drammaticità, ma di saper reagire con risposte adeguate. Il problema della sicurezza degli operatori sanitari, già tante volte denunciato, deve diventare un tema di rilievo nella discussione toscana e nel resto del Paese. Dobbiamo impegnarci ora per trasformare i tavoli di confronto e le buone intenzioni in misure operative. Gli investimenti su prevenzione e sicurezza, appare evidente, sono una priorità, non un’opzione secondaria. Ne va, letteralmente, del benessere psico-fisico di medici e personale ospedaliero. E purtroppo a volte anche della loro stessa vita.
Le aggressioni all’interno dei pronto soccorsi, verbali e fisiche, si moltiplicano. Lo stesso accade nelle postazioni di guardia medica, negli studi dei medici di medicina generale, all’interno dei reparti ospedalieri. E’ un’ emergenza globale che coinvolge la psichiatria in primis. Ma sebbene ci siano inevitabilmente delle specialità più a rischio, la sicurezza deve essere garantita in modo solido e diffuso senza distinzioni. Ci sono molteplici punti su cui si può ragionare: dalle installazioni di telecamere a maggiori presidi di vigilanti e posti di polizia negli ospedali, ambienti di lavoro non isolati, ecc.. E’ giunto il momento di dire basta: le violenze, di qualunque tipo, verso chi cura le persone e sceglie di dedicare la propria vita alla salute degli altri, non sono più tollerabili. E non si può più accettare di rimandare la questione.
C’è una vulnerabilità tangibile oggi del mondo sanitario. Le tensioni verso il personale sono aumentate dopo la pandemia, per svariati fattori: tempi di attesa eccessivamente lunghi che portano a spazientire pazienti e familiari, mancanza di risposte adeguate sul territorio, un’assistenza che non può essere sempre tempestiva e continua, dati gli organici e il livello sempre più alto della domanda di cura. Ancora una volta le risorse nella sanità si dimostrano fondamentali per sostenere un bene pubblico, per supportare le persone malate, per difendere coloro che ogni giorno lavorano per una giusta causa. E che hanno diritto di poter tornare a casa la sera dalle loro famiglie.