Alessandro Toccafondi – SOSD Psicologia Clinica, USL Toscana Centro
La capacità di comunicare efficacemente e di instaurare una proficua relazione con pazienti e familiari sono competenze che ogni medico è tenuto a possedere al pari delle competenze tecnico-professionali. È necessario, pertanto, che gli aspetti relativi alla relazione ed alla comunicazione col paziente non siano lasciati alla sensibilità/attitudine del singolo medico (comunicazione spontanea), ma si fondino sull’acquisizione di specifiche competenze che, al pari di ogni altro atto professionale, richiedono apprendimento, applicazione, monitoraggio e aggiornamento.
Nel colloquio clinico il paziente esprime un duplice bisogno: di conoscere e capire “know and understand” e di essere compreso e conosciuto “feel known and understood”. Spesso il medico si trova nella condizione di dover raggiungere tali obiettivi in tempi ristretti e in setting non favorevoli. Il bisogno di conoscere e capire può essere soddisfatto dalle spiegazioni circa i risultati degli esami, le opzioni terapeutiche e la prognosi; il bisogno di essere compreso e conosciuto richiede l’utilizzo di specifiche tecniche comunicative verbali e non verbali.
Se da un lato la comunicazione può essere strumento di rafforzamento della relazione col paziente, di incoraggiamento ed infusione di speranza, allo stesso tempo una cattiva gestione comunicativa può minare la fiducia riposta nel medico e nella cura e creare smarrimento in persone già provate dalla malattia. Vari studi mostrano come una comunicazione medico-paziente scadente sia associata a distress psicologico per il paziente, ad esiti negativi sul suo stato di salute e sul grado di soddisfazione delle cure ricevute, possa inficiare la fiducia verso i curanti, limitare la possibilità di discutere argomenti fondamentali quali le cure di fine vita ed aumentare la probabilità di controversie medico legali per malpractice.
È pertanto doveroso e preliminare all’acquisizione di specifiche communication skills, che ogni medico rifletta sull’impatto che le sue parole e il proprio comportamento non verbale possono avere sui pazienti e i loro familiari.
Medico e paziente vivono diversamente il tempo della comunicazione durante il colloquio clinico.
Il medico ha continue interazioni con molti pazienti ogni giorno; viceversa, per il paziente l’incontro con il medico è un momento unico, a volte atteso da tempo e, generalmente, denso di aspettative, paure e speranze. Durante il colloquio clinico l’attivazione emotiva spesso provata dai pazienti può incidere sulla loro capacità di comprendere o memorizzare adeguatamente le informazioni, compromettendone il ricordo una volta terminato il colloquio. In questo senso è sempre opportuno da parte del medico, al termine di una comunicazione importante, assicurarsi cosa e quanto la persona abbia realmente compreso.
Un altro aspetto da considerare è che, generalmente, il paziente è sensibile ad ogni “sfumatura” comunicativa (verbale e non verbale) del medico che, se non chiara, ambigua o incoerente, può sollecitare interpretazioni da parte del paziente non aderenti alla sua reale condizione clinica. Un utile esempio in questo senso è l’utilizzo delle parole “Quando” e “Se” (When or Whether) nelle situazioni in cui non si ha certezza del ripresentarsi di una possibile condizione di malattia oppure di un aggravamento della stessa. Ad esempio, alla domanda di un paziente su cosa fare nella situazione in cui ci sia una recidiva di malattia oncologica rispondere “Quando si ripresenterà valuteremo…” rispetto a “Se si ripresenterà valuteremo…” ha un significato completamente diverso con possibili ricadute sullo stato emotivo del paziente. Sebbene sia evidente che le frasi hanno significati diversi, questo esempio ci mostra l’importanza di prestare attenzione anche alle singole parole, ai dettagli della comunicazione, per massimizzare la probabilità che il paziente riceva integralmente il messaggio che il medico intende comunicare. È in questo senso che nel colloquio il medico è tenuto a destinare alla comunicazione adeguata attenzione ed impegno.
Formazione e protocolli per la comunicazione medico-paziente
Nella Legge 219/2017 viene affermato: “La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative”. La letteratura mostra che i programmi di formazione alle abilità comunicative per i medici e gli altri professionisti sanitari sono efficaci soltanto quando nelle lezioni sia dato ampio spazio alla componente esperienziale tramite role playing, simulazioni audio e video registrate successivamente riviste e discusse in gruppo.
In letteratura troviamo vari protocolli e procedure standardizzate per favorire una buona comunicazione medico-paziente; alcuni di essi sono applicabili in vari contesti clinici e condizioni di malattia (ad es. la Calgary-Cambridge guide to the medical interview, il Four Habits Model), altri sono specifici per la comunicazione di cattive notizie (ad es. il protocollo SPIKES).
Fermo restando, come sottolineato prima, che l’apprendimento delle abilità comunicative possa realizzarsi solo attraverso una formazione esperienziale in gruppo, riportiamo di seguito un set di 5 abilità, identificate dall’acronimo C-L-A-S-S, necessarie per una buona pratica comunicativa durante i colloqui clinici.
Context. Una prima abilità è saper creare le condizioni ottimali al fine di facilitare il rapporto di fiducia col paziente. Laddove possibile è preferibile effettuare il colloquio in un ambiente riservato e privo di distrazioni. Se questo non può avvenire ed è presumibile che il colloquio sia interrotto (ad esempio per l’ingresso nella stanza di altri operatori), è buona regola avvertire preliminarmente il paziente che ciò potrebbe accadere. Nelle fasi iniziali della relazione il comportamento non verbale gioca un ruolo chiave. Utili accorgimenti per favorire l’instaurarsi di una relazione di fiducia sono il mantenimento di un contatto visivo col paziente (attenzione a posizionare lo schermo del computer in modo da facilitare tale contatto) e gestire il contatto fisico in accordo con le norme culturali del paziente.
Listening skills. La capacità di ascoltare attivamente il paziente assolve alla duplice funzione di coprire l’agenda del medico, quindi, ottenere le informazioni di cui ha bisogno nel colloquio clinico e soddisfare l’agenda del paziente che può includere la conoscenza della situazione clinica quanto ricevere conforto, comprensione e rassicurazione. Durante le fasi iniziali, specialmente se non si conosce il paziente, è possibile fare domande che consentono di capire quello che conosce della sua condizione (area cognitiva), come si sente rispetto a quello che sta vivendo (area emotiva) e quali sono le sue aspettative circa il trattamento o il colloquio clinico. L’utilizzo di domande aperte (Può dirmi come si sta trovando con questa terapia?) piuttosto che chiuse (Si trova bene con questa terapia?) è generalmente preferibile in quanto offrono l’opportunità ai pazienti di rispondere in modo più ampio, facilitando al contempo la condivisione delle loro preoccupazioni.
Addressing emotions. La componente emotiva costituisce un aspetto importante della relazione medico-paziente, al pari dello scambio di informazioni. I colloqui clinici possono stimolare nel paziente, quanto nel medico, stati emotivi anche di elevata intensità (shock, rabbia, tristezza, speranza, sentimenti di preoccupazione, impotenza, ecc.). Quando il paziente si trova in uno stato di elevata attivazione emotiva ha maggiori difficoltà ad elaborare le informazioni da un punto di vista cognitivo, quindi, a comprendere quanto detto dal medico, a memorizzare le informazioni e rispondere alle domande. Porre attenzione alla sfera emotiva del paziente e rispondervi adeguatamente, consente non soltanto la rassicurazione ed il conforto alla persona, ma anche la possibilità di raggiungere più efficacemente gli obiettivi che sono parte dell’agenda del medico. Una tecnica che può essere utilizzata per mostrare comprensione verso le emozioni provate dal paziente è la “normalizzazione”, ovvero trasmettere al paziente che quello che sta provando è del tutto normale, comune, con frasi del tipo “Posso comprendere quello che sta provando, è una reazione comune in situazioni come quella che sta affrontando”. Normalizzare i vissuti emotivi consente sia di legittimare il paziente a mostrarsi ‘sconvolto’ di fronte al medico, sia di comunicargli che il medico è in sintonia con lui e lo comprende.
Durante i colloqui clinici anche i vissuti emotivi del medico possono ricoprire un ruolo importante. In linea generale possiamo dire che quando il medico è consapevole delle emozioni che una determinata situazione o comunicazione gli evocano, ed è in grado di gestire tali reazioni, le sue emozioni possono diventare una risorsa per la qualità dei colloqui (ad es. facilitare la comprensione delle emozioni del paziente e fargli avvertire la propria vicinanza); diversamente, la mancata consapevolezza sui propri vissuti emotivi può essere di ostacolo alla relazione (ad es. portando il medico a reagire istintivamente alle emozioni del paziente o, viceversa, ad assumere atteggiamenti difensivi verso i vissuti emozionali dei malati).
Strategy. Questo aspetto riguarda la strategia da adottare per fornire ai pazienti informazioni in maniera comprensibile. È importante dare informazioni “a piccole dosi”, ovvero con approfondimenti progressivi di volta in volta ripresi in base al contesto ed alle caratteristiche del paziente, evitando frasi gergali e verificando se e cosa il paziente, ed eventualmente i suoi familiari, abbiano effettivamente compreso. Questo ultimo aspetto può essere realizzato tramite la tecnica di teachback formulando domande finalizzate a conoscere se e cosa il paziente ha compreso delle informazioni date dal medico: “Può dirmi cosa ha capito di come dovrà assumere la terapia?”
Summary. L’ultimo punto del modello C-L-A-S-S si concentra sul condividere col paziente quanto è emerso dal colloquio, sia rispetto a quello che il medico ha comunicato, sia rispetto a quello che il paziente ha espresso (riassunto e verifica). La finalità non è tanto la valutazione del “se” il paziente abbia capito, ma “che cosa” abbia capito ed anche “che cosa” il medico abbia capito di quanto espresso dal paziente. La chiusura del colloquio dovrebbe sempre prevedere un riassunto delle azioni future e l’opportunità, per il paziente, di formulare ulteriori richieste di chiarimento.
È importante che il medico faccia proprie tali tecniche e col tempo le adatti alle sue caratteristiche personali, al contesto e ai bisogni dei pazienti (personalizzazione della comunicazione).