Cristina Sarti, neurologa nella Stroke Unit dell’AOUC Careggi e ricercatrice presso il Dipartimento NEUROFARBA, sezione Neuroscienze, dell’Università degli Studi di Firenze
Epidemiologia
Per quanto l’ictus cerebrale sia una patologia età correlata e con dati che indicano una riduzione dei tassi di incidenza nelle ultime decadi, l’ictus nel giovane, ossia quello che si verifica nella fascia di età compresa tra i 18 e i 50 anni, è una patologia in aumento e rende conto di circa il 10-15 % di tutti gli ictus cerebrali. Questo si traduce in circa 1.5 milioni di nuovi casi nel mondo considerando un’incidenza annuale globale di circa 15 milioni. Si stima che negli ultimi 20 anni l’incidenza di ictus nei giovani sia aumentata del 50% in particolare nei paesi in via di sviluppo (7 casi su 100.000 persone-anno in Europa, oltre 100 casi per 100.000 persone-anno in Africa).
Il fatto che l’ictus nel giovane non sia così raro come si pensava in passato deve indurre gli operatori sanitari a sospettare questa patologia evitando ritardi diagnostici nella fase acuta, notoriamente più frequenti in questa fascia di età, che si traducono in un inevitabile ritardo terapeutico. A complicare il tutto è la più elevata frequenza di condizioni che possono mimare l’ictus nel giovane quali l’emicrania con aura, le crisi epilettiche e i disturbi di conversione.
Rispetto agli eventi che si verificano negli anziani, un ictus in età giovanile ha un maggiore impatto sulla vita personale, di relazione e anche socioeconomica.
Nella casistica della Stroke Unit dell’AOUC di Firenze circa il 20% dei pazienti ha perso la propria autonomia dopo l’ictus (mRankin >2), il 30% ha dovuto smettere di lavorare e il 7% cambiare mansione lavorativa. Relativamente all’impatto sulla vita di relazione, circa il 7% di pazienti era andato incontro a una separazione a tre anni dall’ictus.
Fattori di rischio
Ma qual è la causa dell’aumento di casi di ictus nei giovani? Dati derivanti da ampie casistiche hanno mostrato come anche in questa fascia di età sia elevata la frequenza di fattori di rischio vascolari tradizionali che si ritrovano in 3 su 4 pazienti con ictus cerebrale spesso anche in combinazione tra loro. Maggiore è l’età dei pazienti e maggiore è la probabilità di trovare più di un fattore di rischio.
L’inattività fisica sembra essere il fattore più associato all’ictus cerebrale nel giovane con un rischio attribuibile pari a circa il 60%, seguita da ipertensione arteriosa, obesità addominale e fumo. Fattori emergenti sono risultati essere il consumo episodico di grosse quantità di alcool e l’utilizzo di sostanze a scopo voluttuario compresa la cannabis con effetto dipendente dalla dose, dalla frequenza di assunzione e dal concomitante fumo di sigaretta. Più nota l’associazione tra ictus cerebrale e uso di amfetamine e cocaina, quest’ultima correlata ad un rischio 6 volte aumentato di ictus emorragico.
Ci sono poi fattori specifici del sesso femminile quali uso di estroprogestinici, gravidanza, puerperio ed emicrania con aura fattore questo che sembra aumentare di oltre 3 volte il rischio di ictus cerebrale.
Controversa è ancora l’associazione tra ictus cerebrale ischemico e coagulopatie che potrebbero essere più inquadrabili nell’ambito dei cosiddetti “fattori scatenanti”, in grado cioè di trasformare un fattore di rischio in fattore causale. L’esempio più tipico è la pervietà del forame ovale, condizione presente dalla nascita e che rappresenta un potenziale fattore di rischio per ictus che potrebbe diventare una vera e propria causa in presenza di fattori scatenanti.
Patogenesi dell’ictus cerebrale
Il rapporto ictus emorragico/ictus ischemico è 1/1.5-2 nel giovane rispetto a 1/5-6 nell’anziano. La maggior frequenza di malformazioni artero-venose, cavernomi, fistole artero-venose nei giovani potrebbe essere responsabile di questa differenza, motivo per il quale gli esperti suggeriscono l’esecuzione di angiografia digitale in pazienti giovani con emorragia cerebrale non spiegabile.
Tra gli ictus emorragici una menzione a parte meritano gli infarti venosi legati a trombosi dei seni venosi o di vene corticali cerebrali, patologia rara (2% di tutti gli ictus), che colpisce maggiormente le giovani donne in terapia estroprogestinica e che, se non riconosciuta e prontamente trattata con terapia anticoagulante, è gravata da elevata mortalità e disabilità.
L’ictus cerebrale ischemico rimane comunque la causa più frequente di ictus cerebrale.
La patogenesi dell’ischemia nel giovane riconosce meccanismi spesso diversi rispetto all’anziano, per cui, se facciamo riferimento alla classificazione patogenetica TOAST, la più diffusa, risultano meno rappresentati l’ictus ateroembolico, cardioembolico e lacunare mentre aumentano di frequenza l’ictus da altra causa nota e l’ictus a patogenesi indeterminata.
Nel sottogruppo di ictus da altra causa nota ritroviamo molte patologie rappresentate in percentuale variabile, alcune solo aneddotiche. La figura 1 mostra una loro possibile classificazione.
In figura 2 sono mostrati i risultati dello screening patogenetico dei pazienti ricoverati in Stroke Unit tra il 2000 e il 2020.
La dissecazione dei vasi cerebroafferenti rappresenta circa il 60% degli ictus da altra causa nota (15% di tutti gli ictus nel giovane) e pertanto deve essere sempre sospettata ed esclusa anche in assenza di storia di trauma considerando che si stima che nel 95% dei casi la dissecazione sia spontanea. La presenza di cefalea, la sindrome di Bernard Horner, la tortuosità dei vasi, devono indurre il sospetto clinico che deve essere confermato dall’utilizzo di tecniche neuroradiologiche specifiche (sequenze di risonanza magnetica fat-suppression).
La trombofilia, causa spesso evocata alla base dell’ictus nel giovane, non ha dati di letteratura solidi a suo supporto per quanto riguarda la sua relazione con l’ictus cerebrale ischemico. La ricerca di uno stato trombofilico risulta spesso infruttuosa a fronte di costi non trascurabili. Le linee guida consigliano pertanto di effettuarla solo in caso di ictus criptogenico in un paziente con storia personale o familiare di trombosi non provocata o storia di aborto spontaneo.
L’individuazione della causa di ictus richiede l’esecuzione di una diagnostica accurata che non può essere omnicomprensiva in ogni paziente ma deve essere guidata da:
- storia clinica con particolare attenzione all’anamnesi familiare;
- accurato esame fisico con attenzione all’apparato cardiovascolare, statura, analisi della cute e delle mucose, valutazione oculistica al fine di cogliere indizi utili per suggerire ulteriori accertamenti mirati verso una specifica patologia;
- caratteristiche neuroradiologiche della lesione ischemica e dei vasi cerebroafferenti;
- circostanze in cui si è verificato l’ictus ischemico
Nonostante l’estensività delle indagini diagnostiche, l’ictus cerebrale rimane senza causa in una elevata percentuale di pazienti giovani. In oltre il 50% dei pazienti appartenenti a questo sottogruppo, definito criptogenico, si riscontra la presenza di pervietà del forame ovale (PFO). Considerata la frequenza di questa condizione nella popolazione generale (20-30%), è difficile stabilire quando il forame possa essere ritenuto patogenetico. La valutazione congiunta del paziente con PFO da parte del neurologo vascolare e del cardiologo interventista che uniscono le loro competenze nel Team Heart and Brain, è fortemente raccomandata dalle linee guida per la prevenzione dell’ictus cerebrale al fine di individuare gli “ictus PFO correlati” da indirizzare verso la chiusura percutanea (figura 3).
E’ importante sottolineare la bassa ricaduta della ricerca di fibrillazione atriale parossistica quale causa di ictus criptogenico in questa fascia di età, mentre una percentuale non trascurabile di pazienti (fino al 7%) risulta portatrice di neoplasia occulta di cui l’ictus rappresenta quindi la prima manifestazione legata allo stato protrombotico, a fenomeni compressivi o embolici legati al tumore.
Esistono condizioni sesso specifiche che non possiamo trascurare nei pazienti giovani. Abbiamo già menzionato la trombosi venosa cerebrale. La gravidanza e il puerperio sono altre due condizioni durante le quali il rischio di ictus, sia ischemico che emorragico, è aumentato per quanto la frequenza sia bassa (4-40 casi su 100.000 parti). L’emicrania con aura, più frequente nelle giovani donne, è risultata essere associata ad ictus cerebrale sia come fattore di rischio che come causa (ictus emicranico). E’ importante ricordare che l’emicrania con aura è una controindicazione all’uso di estroprogestinici chiaramente riportata dall’AIFA proprio in virtù del potenziamento reciproco del rischio di eventi vascolari.
Terapia e prevenzione: non essendoci studi mirati sui giovani si rimanda agli altri contributi sull’argomento
Prognosi
La mortalità per ictus cerebrale nei giovani è di circa il 4.5% nel primo anno, si riduce a meno del 2% negli anni successivi, con un 10% a 5 anni. A 5 anni oltre il 3% di pazienti presenta inoltre una neoplasia, potenziale causa di morte non cardiovascolare in questi pazienti.
Il rischio di ricorrenza nel primo anno si attesta intorno al 2%, 10% a 5 anni.
Il rischio di morte e di ricorrenza sono proporzionali al numero di fattori di rischio vascolari del paziente.
Per quanto riguarda la disabilità i dati di letteratura indicano che circa il 20% dei pazienti ha perso la propria autonomia dopo l’ictus (mRankin >2), il 40% ha dovuto smettere di lavorare e il 23% ha dovuto cambiare la propria mansione lavorativa. Un altro dato importante è relativo allo sviluppo di crisi epilettiche post-ictus descritto in circa il 10% dei pazienti.
Pochi studi hanno indagato la qualità della vita dei pazienti in questa fascia di età così come l’incidenza di depressione (fino ad un 30%) e di disturbi definiti nascosti come la fatica (fino ad un 40%) spesso lamentata dai pazienti e particolarmente di impatto sulla vita quotidiana del paziente giovane.
In conclusione l’ictus nel giovane non è una patologia rara. Riconosce patogenesi in parte diverse rispetto alle altre fasce di età e che necessitano di un iter diagnostico personalizzato. I fattori di rischio sono prevalentemente legati allo stile di vita e pertanto modificabili, aspetto che ci deve far riflettere sull’importanza di potenziare le campagne di sensibilizzazione cominciando fino dall’età scolare al fine di cercare di invertire il trend di incidenza dell’ictus in questa fascia di età.
Il nostro impegno non può esaurirsi nella ricerca della migliore terapia di fase acuta e di prevenzione primaria e secondaria. L’esperienza di gestione nella fase cronica dell’ictus nel giovane ci insegna che i pazienti hanno molti bisogni clinici insoddisfatti che vanno dalla difficoltà ad accedere a servizi riabilitativi, alla necessità di supporto psicologico per affrontare il brusco cambiamento della propria progettualità di vita e per accettare e gestire il cambiamento del loro corpo e della loro fisicità che ha importante risvolto anche sulla sfera sessuale, aspetto spesso negletto ma di enorme importanza in questa fascia di età.