Claudia Biricolti – Fisioterapista Azienda Usl Toscana Centro
Negli ultimi anni, i progressi nella gestione medica dell’ictus, soprattutto in fase acuta, hanno portato a una diminuzione del tasso di mortalità globale per ictus. Molti sopravvissuti rimangono comunque con disabilità significative. Secondo Duncan et al (2005) il 40% dei pazienti che sopravvivono a un ictus rimane con disabilità moderate e il 15-30% con disabilità gravi.
È stato dimostrato che la riabilitazione, soprattutto se iniziata precocemente, può contribuire a ridurre le complicanze e le disabilità funzionali residue post ictus. Una riduzione della disabilità funzionale, così come una minore incidenza di complicanze, si traduce spesso in una migliore qualità di vita per i pazienti con ictus e in una diminuzione degli ingenti costi dell’assistenza a lungo termine. Tuttavia, nonostante le crescenti evidenze di efficacia della riabilitazione post ictus, ancora oggi molti operatori sanitari non sono pienamente consapevoli dell’effettivo potenziale di recupero di questi pazienti, e adottano approcci al trattamento di tipo meramente compensatorio. Si limitano, in altri termini, ad istruire il paziente all’utilizzo esclusivo di strategie adattive, negandogli la possibilità di sviluppare il suo potenziale e di accrescere il suo patrimonio di movimento.
Il Sistema Nervoso Centrale in seguito ad un ictus subisce un danno permanente perché, contrariamente a quanto accade in altri tessuti umani, le cellule cerebrali non possono essere sostituite da altri neuroni.
Il Sistema Nervoso, tuttavia, possiede un’altra importante caratteristica, che giustifica e rafforza l’importanza della riabilitazione post ictus: la plasticità neuronale. Questa consiste nella possibilità di riorganizzare, riassemblare edottimizzare la funzione delle restanti cellule nervose per far sì che il Sistema Nervoso possa continuare a svolgere le sue abituali attività.
Tutto ciò è possibile solo se il paziente, nella sua vita post ictus, viene sottoposto ad un intensivo trattamento neuroriabilitativo, che lo “costringa” a sperimentare giuste ed adeguate esperienze di movimento. In questo modo, il neuroriabilitatore crea quelle situazioni sufficientemente “stressanti” per il Sistema Nervoso che lo inducano a rimettersi in movimento e a far fronte alla sua nuova condizione.
In relazione alle diverse situazioni che il paziente sperimenta dopo l’ictus (recupero del controllo posturale, del cammino, del sistema di manipolazione, ecc.) il Sistema Nervoso Centrale modifica e riorganizza la propria rete di cellule neuronali per poter riprendere a produrre movimento. Risulta a questo punto chiaro che l’approccio compensatorio utilizzato purtroppo ancora troppo spesso, vada contro a questi principi e precluda al paziente la possibilità di recupero.
Il ruolo del neuroriabilitatore (indipendentemente dall’approccio che scelga di utilizzare: Bobath, Esercizio Terapeutico Conoscitivo, Riequilibrio modulare progressivo ecc.) è quello di guidare questo recupero in modo tale che il movimento prodotto sia di buona qualità.
La Neuroriabilitazione comprende tutti quegli interventi che, stimolando adeguatamente il Sistema Nervoso Centrale per favorire la plasticità neuronale, mirano a ridurre la disabilità e l’handicap derivanti dall’ictus.
Il trattamento neuroriabilitativo dovrà essere ritagliato a misura sul singolo paziente, sulle caratteristiche della sua lesione cerebrale ma anche sulle sue caratteristiche personali, emotive, sociali, psicologiche e culturali. Attraverso un’approfondita e accurata valutazione, il fisioterapista dovrà identificare la miglior strategia di trattamento per poter sviluppare al massimo le capacità di recupero del Sistema Nervoso Centrale.
Gli effetti invalidanti di un ictus dipendono dalle aree cerebrali colpite. L’esito di gran lunga più comune dell’ictus è la disabilità motoria, che colpisce circa l’80% dei pazienti; comporta in misura variabile debolezza muscolare del viso, del braccio, della gamba e del tronco di un lato del corpo. Altri deficit derivanti dalla lesione dell’emisfero dominante sono l’afasia (disturbo del linguaggio che può essere caratterizzato da un’alterazione della comprensione o dell’espressione delle parole o degli equivalenti non verbali delle parole derivante da un alterato funzionamento dei centri del linguaggio nella corteccia cerebrale) e l’aprassia(incapacità di eseguire compiti motori intenzionali appresi in precedenza, nonostante la volontà e la conservata capacità fisica).
Disturbi più comuni, dovuti alla lesione dell’emisfero cerebrale destro, sono il Neglect (o eminattenzionespaziale; i pazienti sono inconsapevoli di eventi che hanno luogo nella parte dello spazio e del corpo controlaterale al lato della lesione) l’Anosognosia (mancanza di consapevolezza della propria malattia e del deficit motorio).
Ulteriori importanti priorità della riabilitazione sono la prevenzione e il trattamento delle complicanze secondarie comunemente associate all’ictus, che possono avere un impatto negativo sull’outcome finale. Queste includono:
– Spasticità. Ritenuta per molti anni una conseguenza quasi necessaria della lesione del primo motoneurone e per questo difficilmente trattabile, viene considerata oggi come la risposta di un sistema fondamentalmente debole a situazioni troppo complesse che per essere affrontate richiedono strumenti non disponibili al paziente. La riabilitazione precoce ha quindi un ruolo fondamentale nel fornire al paziente le competenze necessarie per ridurre questo importante problema. Anche la terapia farmacologica orale o locale associata al trattamento riabilitativo può contribuire a contenere una complicanza che spesso risulta in una riduzione dell’indipendenza funzionale, dolore e difficoltà di gestione del paziente da parte del caregiver.
– Dolore. Soprattutto alla spalla è comune nei pazienti con ictus. La corretta mobilizzazione e la gestione dell’eventuale sublussazione di spalla da parte del fisioterapista, in associazione anche a terapia farmacologica, possono contenere un problema davvero invalidante e interferente con il normale svolgimento del trattamento riabilitativo quotidiano.
– Ulcere da pressione. La mobilizzazione precoce,specialmente in fase acuta, e l’attenta cura al cambio di posizione, quando il paziente ancora si trova obbligato a letto, sono fondamentali per la prevenzione delle ulcere da pressione. Il lavoro in team multidisciplinare ancora una volta risulta la carta vincente soprattutto per i pazienti più gravi con scarsa mobilità attiva.
– Disfagia. I pazienti con disfagia (difficoltà nella deglutizione del cibo) sono a rischio di polmonite ab ingestis. Gli interventi di un logopedista aiutano a gestire e individuare i pazienti a rischio. Ancora una volta il lavoro multidisciplinare (fisioterapista-logopedista-dietista-infermiere) garantisce un corretto approccio a questo problema
I possibili setting di riabilitazione
Il primo incontro con il fisioterapista il paziente lo fa in ospedale per acuti (in Stroke Unit, se presente) dove, insieme ad un team specialistico multidisciplinare, inizia il percorso riabilitativo. Il team multidisciplinare è composto da medico, infermiere e OSS, logopedista, dietista, assistente sociale e fisioterapista che insieme, dopo accurata valutazione, scelgono il percorso più adatto al momento della dimissione. La Regione Toscana prevede essenzialmente due possibili percorsi alla dimissione dall’ospedale: uno verso le strutture riabilitative, dove il paziente risiede in ricovero o in DH per circa 2-3 settimane, salvo possibilità di proroga se non vengono raggiunti gli obiettivi prefissati; l’altro, riservato ai pazienti con disabilità meno gravi e con disponibilità di assistenza domiciliare,verso il proprio domicilio con attivazione dei servizi di riabilitazione territoriale, e, quando necessario, di assistenza domiciliare infermieristica e/o sociale. Una volta terminato il percorso in struttura, il paziente viene indirizzato per proseguire il percorso riabilitativo, se ancora necessario, sul distretto territoriale di appartenenza, dove verrà seguito fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati (di solito il servizio pubblico copre circa l’arco temporale di un anno).
Educazione e coinvolgimento del paziente e della famiglia/caregiver
È molto importante che i pazienti e i loro familiari/caregiversiano considerati parte del team multidisciplinare fin dall’inizio del percorso riabilitativo. Devono essere non soloistruiti sulle cause, sulle conseguenze e sul recupero dall’ictus, ma anche resi parte attiva nell’estensione del trattamento riabilitativo nelle 24h. Deve esserci un’interazione costante tra il team di professionisti , il paziente e i suoi familiari/caregiver riguardo agli obiettivi e ai progressi della riabilitazione.
La durata del percorso di riabilitazione
Ma quando finisce il percorso riabilitativo? Quando un paziente può essere considerato cronico? Le risposte a queste domande dipendono in gran parte dalle caratteristiche del paziente. In linea generale, possiamo affermare che un paziente può essere definito cronico quando il suo potenziale è stato sviluppato al massimo. Ciòcorrisponde, solitamente, ad un livello funzionale dal quale difficilmente il paziente può ulteriormente progredire. Purtroppo diventa difficile quantificare di quanto tempo necessiti un paziente per raggiungere il suo livello più elevato, anche perché questo dipende da vari fattori, come dalle comorbilità presenti, dalla gravità della fase acuta (ricovero in rianimazione, coma), dall’intensità e dalla continuità riabilitativa.