“La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi” A. Einstein
Sabina Sanguineti, U.O.S.D. MONITORAGGIO E CONTROLLI SUI RICOVERI OSPEDALIERI Azienda Toscana Nord Ovest
Le infezioni e le colonizzazioni da germi multi resistenti (MDR) sono oggi una delle principali piaghe della assistenza sanitaria. In questo articolo si presenta una ipotesi nuova, ancorché suffragata da abbondante letteratura e basata su principi ecologici ed evoluzionistici, sulla emergenza di questo problema.
Parole chiave: MDR, antibiotici, geni per la resistenza agli antibiotici, microrganismi commensali, cibo
Si definisce antibiotico “una sostanza prodotta da un microrganismo, capace di ucciderne altri”; non è un caso quindi che la maggior parte degli antibiotici che noi utilizziamo derivi il proprio nome dal microrganismo da cui sono stati inizialmente isolati (penicillina da Penicillum streptomicina da Streptomyces, cefalosporina da Cephalosporium ecc…). Non deve quindi sorprendere che i microrganismi siano meravigliosamente attrezzati per difendersi da queste sostanze, con cui sicuramente convivono da ben prima dell’inizio dell’era antibiotica. A riprova di ciò vi sono studi che hanno dimostrato la presenza di geni per la resistenza agli antibiotici in microrganismi rimasti isolati per centinaia e migliaia di anni, non solo nel permafrost ma anche nel microbiota di una mummia andina pre-colombiana o nel microbiota orale di scheletri di un monastero medievale; questi ultimi studi suffragano il fatto che il microbiota umano abbia costituito un serbatoio di geni per la resistenza agli antibiotici, accessibili anche ai patogeni (ed ai patogeni opportunisti!), anche prima della forte pressione selettiva legata all’uso di antibiotici dell’era moderna. A questo proposito, non dobbiamo farci ingannare da una visione positivista e occidentalocentrica e pensare che l’”era antibiotica” sia sorta a metà del secolo passato, dimenticando che le Medicine Tradizionali in tutto il mondo e da millenni hanno utilizzato e utilizzano sostanze naturali che contengono antibiotici!
I microrganismi, ovverosia le forme di vita invisibili a occhio nudo, sono presenti ovunque: nell’aria che respiriamo, sul terreno che calpestiamo, negli ambienti naturali e in quelli antropici, sulla pelle, dentro il nostro corpo, sulle piante e gli animali in genere e su quelli alla base della nostra catena alimentare e quindi anche nel cibo; nella maggior parte dei casi essi sono utili o innocui. Dagli abissi oceanici all’alta atmosfera, fin dentro i reattori nucleari, i microrganismi colonizzano pressoché ogni ambiente e rappresentano la forma di vita predominante sulla Terra. Essi sono stati per la maggior parte del tempo l’unica forma di vita presente sulla Terra e grazie a loro si è creata la biosfera che ha permesso l’evoluzione da forme di vita microscopiche ad altre sempre più complesse. Lo studio dei microrganismi fornisce una prova fondamentale a suffragio delle teorie del darwinismo: l’evoluzione come selezione ad opera di fattori ambientali e di variazioni genetiche che è alla base della vita.
La selezione naturale, concetto introdotto da Charles Darwin nel 1859 nel suo libro L’origine delle specie, è un meccanismo chiave dell’evoluzione secondo cui, nell’ambito della diversità genetica delle popolazioni, prevalgono gli individui/le specie che possiedono le caratteristiche “più adatte” alla nicchia ecologica che occupano.
La pressione selettiva esercitata dall’uomo sull’ambiente mediante l’uso di antibiotici, antisettici e disinfettanti (ma vi sono evidenze che anche altre classi di farmaci – non antibiotici – siano in grado di indurre resistenze crociate agli antibiotici), determina la selezione di alcune specie/ceppi di batteri resistenti, i più adatti a quelle determinate condizioni. Questa selezione è determinata principalmente dall’uso massiccio di antibiotici in ambito fitosanitario e zootecnico (quest’ultimo non solo per combattere l’insorgenza di patologie ma anche per accelerare la crescita degli animali da reddito e quindi ridurne i costi di produzione); dall’uso terapeutico improprio di antibiotici (“di copertura” e ad ampio spettro) sull’uomo e dalla conseguente dispersione nell’ambiente di tutte queste sostanze che quasi mai sono degradate dal metabolismo e che quindi ritornano in forma diluita nell’ambiente, determinando una situazione ottimale per lo sviluppo di resistenze.
Il principe russo Pëtr Aleksejevic Kropotkin (1842-1921) geniale biologo, sostenne che la vita non è spietata competizione (come sostenevano i fautori del darwinismo sociale) bensì cooperazione e condivisione che lui definì “mutuo appoggio”; il mondo dei procarioti ci insegna molto in termini di mutuo appoggio perché è dimostrato che i microrganismi sono estremamente efficienti nel condividere i meccanismi di resistenza anche tra specie molto lontane fra loro in termini evolutivi.
Questa premessa ha lo scopo di dimostrare da una parte che l’ambiente costituisce un enorme serbatoio naturale di geni per l’antibiotico resistenza e dall’altra che noi possediamo un efficacissimo “laboratorio”, rappresentato dal microbiota intestinale, dentro il quale questi stessi geni possono essere scambiati tra le diverse specie presenti. Non vi è dubbio infine che la maggiore interazione fra l’ambiente e il microbiota sia attraverso il cibo che noi introduciamo tre volte al giorno in quantità e varietà elevate. Numerosi studi hanno indagato e rilevato la presenza di geni per la resistenza antibiotica sia nel microbiota di neonati sani che in un gran numero e ampio spettro di batteri commensali presenti su comuni alimenti al dettaglio, compresi molti cibi pronti, suggerendo come gli umani siano costantemente esposti a batteri portatori di resistenze antibiotiche attraverso l’introduzione di alimenti6. Una ricerca condotta dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie nel 2018, ha analizzato la presenza di quattro diversi geni per la resistenza antibiotica nel microbiota di tre gruppi di volontari sani che differivano per la dieta (onnivori, vegetariani e vegani), ed hanno trovato per alcuni di essi differenze significative tra onnivori e vegetariani da una parte e vegani dall’altra, suggerendo così un possibile ruolo degli alimenti di origine animale.
Sorge a questo punto un ragionevole dubbio: poiché geni per la resistenza agli antibiotici si trovano nell’intestino di neonati e di persone sane, può essere che nel microbiota delle persone ammalate, sottoposto ad una pressione selettiva legata alle terapie, i microrganismi che posseggono questi geni prevalgano sugli altri in base al “principio di esclusione competitiva” o “principio di Gause”? E può essere inoltre che la combinazione di questa prevalenza di microrganismi resistenti assieme alla cosiddetta sindrome del “leaky gut” (intestino permeabile) possa dar luogo non solo a colonizzazione del paziente ma anche a batteriemie e infezioni di natura endogena? Può dunque essere che la presenza di microrganismi antibiotico-resistenti in ospedale sia effetto del fatto che qui in particolare vengono selezionati (dalle terapie) e soprattutto che vengono cercati?