Pietro Dattolo
Gli ultimi anni hanno ormai dimostrato quanto i rischi climatici siano direttamente collegati ai rischi per la salute. La nostra società sta lentamente prendendo coscienza del connubio, indissolubile, tra ambiente e uomo. Il problema è che questa consapevolezza arriva purtroppo tardi. E in modo ancora poco diffusa. Occorrerà nel prossimo futuro un cambio di marcia, forse come mai è stato fatto prima. Il caldo rischia di essere la vera sfida dei prossimi decenni per il nostro Paese e non solo. Occorre agire. Tempestivamente. O vedremo presto gli effetti negativi negli ospedali e sulla popolazione. Già nel 2022, in attesa di poter avere un quadro statistico anche di quest’anno, l’Italia aveva registrato la più alta mortalità d’Europa con circa 18 mila decessi legati al calore. L’aumento costante delle temperature, verso continuamente nuovi picchi anno dopo anno, rappresentano una minaccia per la salute. E oltre al caldo dovremmo considerare anche i rischi legati all’inquinamento atmosferico e delle acqua. Le conseguenze sull’organismo sono potenzialmente pericolose e possono riguardare, con incidenza diversa, ogni fascia di età: attacchi cardiaci, colpi di calore, ictus, diffusione di malattie infettive, conseguenze psicologiche. Non siamo di fronte a una singola malattia, ma a un insieme di rischi. Possiamo prevenirli solo prendendoci cura dell’ambiente. Un impegno che diventa allora una missione di salute.
Occorre fare forse questo definitivo salto di paradigma culturale per dare la giusta importanza al problema, troppo spesso sottovalutato. Ricordiamo le parole espresse nel 2021 dal Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che disse: “I rischi derivanti da qualsiasi singola malattia sono niente rispetto a quelli provocati dal cambiamento climatico”. Già nel 2008, 193 Paesi partecipanti all’Assemblea mondiale per la salute, avevano approvato un piano per maggiori investimenti nella ricerca sui cambiamenti climatici e gli effetti di questi sulla salute, concentrando l’attenzione sulle strategie di protezione sanitaria, sugli strumenti necessari alla sorveglianza e monitoraggio, sulle risorse necessarie per tutelare la popolazione. Dopo anni però quel cambio di rotta da tempo invocato non sembra essere arrivato.
Anche il Global Report del Lancet Countdown 2022 aveva rimarcato come i rischi da caldo estremo condizioneranno molteplici aspetti delle nostre vite: dalla destabilizzazione della salute mentale alla minore capacità lavorativa e possibilità di praticare sport all’aperto. Poi il possibile aumento di malattie infettive, legate ad esempio alle acque e al cibo, all’alterazione della biodiversità. Quell’impegno, oggi più che mai evidente, è necessario che sia messo in campo. A cominciare dalla politica locale fino a quella nazionale ed europea in uno spirito di cooperazione per il bene comune della salute.