Giancarlo la Marca, Responsabile del Laboratorio di Screening Neonatale, IRCCS Meyer, Firenze
Abstract
Lo screening neonatale è un sistema articolato di salute pubblica che porta un beneficio di salute al piccolo paziente, alla sua famiglia e in senso più generale a tutta la popolazione. Il programma esteso a 40 malattie rare è stato reso obbligatorio da legge nazionale. Le patologie presenti nel nuovo pannello sono state inserite nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza di prossima attuazione (gennaio 2024) e recepimento da parte delle regioni.
Parole chiave: Screening; Malattie Rare; Prevenzione; Cure Innovative; Tecnologia
Lo screening è un programma multidisciplinare, in grado di fare diagnosi precoce di oltre 40 malattie congenite rare partendo da gocce di sangue depositato su carta speciale. Il programma è articolato e parte dalle informazioni date ai genitori prima della nascita da parte di operatori esperti specificamente formati, comprende l’esame di laboratorio, prosegue con test di conferma e si completa con la presa in carico del neonato. Le ricadute dello screening vanno anche oltre, se si pensa che il neonato diagnosticato alla nascita diventerà un bambino, poi un adolescente e un adulto con malattia rara (fase di transizione) o se si pensa che diagnosticare una malattia in un neonato può tradursi per la coppia di genitori in precise indicazioni per le successive gravidanze.
Il razionale del sistema screening è quello di fare diagnosi precoce di malattie congenite da deficit enzimatico, che se non vengono individuate nelle primissime fasi della vita portano ad alterazioni funzionali e organiche, a danni clinici anche irreversibili come il ritardo mentale e in alcuni casi anche alla morte precoce. La comparsa di un sintomo clinico spesso si identifica con un danno non facilmente trattabile o non più reversibile.
I criteri di Wilson e Jungner pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità alla fine negli anni ’60 sono stati sottoposti a diverse revisioni anche recenti ma sono ancora attuali: lo screening ha senso se la malattia rappresenta un problema di salute rilevante per la società in senso lato e se esiste un periodo di latenza tra nascita e malattia che ne permetta la diagnosi tramite un test efficiente. Una volta identificata precocemente la malattia è fondamentale che sia disponibile un’opzione terapeutica che se anche non completamente risolutiva, sia almeno capace di aumentare l’aspettativa di vita o di migliorare la qualità della vita rispetto ad un trattamento tardivo. La terapia iniziata precocemente deve modificare la storia naturale della malattia. Uno dei cambiamenti più rilevanti che ha amplificato il ruolo dello screening neonatale e incrementato l’offerta del pannello riguarda le maggiori disponibilità di nuove opzioni terapeutiche: la terapia enzimatica sostitutiva, la terapia genica, il trapianto di midollo, per citare le più promettenti. Un altro cambiamento sta nella ricerca clinica finalizzata che porta all’individuazione di nuovi biomarcatori e allo sviluppo di corrispondenti nuovi metodi diagnostici. Alcuni di questi, oggi utilizzati in tutto il mondo sono stati messi a punto a Firenze nei laboratori di screening neonatale dell’ IRCCS Meyer.
Quando si parla di screening neonatale si fa riferimento al capitolo delle malattie rare. Tuttavia, sebbene le malattie prese singolarmente siano in effetti tali, i disordini congeniti del metabolismo identificabili oggi con lo screening neonatale esteso, nel loro insieme hanno un’incidenza di un caso ogni circa 2 mila nuovi nati o anche meno. Se poi consideriamo anche fibrosi cistica, ipotiroidismo congenito e altre endocrinopatie abbiamo un caso ogni 300-400 nuovi nati, dato di per sé rilevante.
Questo è vero per la popolazione caucasica, ma non va trascurata l’incidenza di questi difetti in alcune zone specifiche dove c’è un’aggregazione in pochi nuclei familiari. Qui l’impatto anche di una singola malattia può essere drammatico.
I numeri dello screening
A partire dagli anni ’90, da quando è stata introdotta nei laboratori clinici di tutto il mondo la spettrometria di massa tandem, sensibile, specifica e versatile, in grado di dosare più marcatori in una sola analisi di pochi minuti, i pannelli internazionali si sono sempre più arricchiti. Il salto iniziale è stato dalla classica triade (fenilchetonuria, ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica) a 30 malattie, nell’ultimo decennio la ricerca si è estesa a circa 40 condizioni, oggi si è sono superate le 60 negli USA.
La composizione del pannello non è però uguale in tutto il mondo, in virtù delle diverse strategie locali e nazionali. Negli Stati Uniti come detto, sono incluse oltre 60 malattie (37 condizioni primarie e 27 secondarie) selezionate nel 2023 dall’American College for Medical Genetics. In Canada l’offerta oscilla da 5 a 38 condizioni, in Australia le linee guida si concentrano su 25 condizioni. In Europa la situazione, per quanto disciplinata da raccomandazioni generali condivise, è ancora più complicata e frammentata con programmi molto diversi da Stato a Stato. L’Italia, che in Europa ha il pannello più ampio, sottopone a screening i circa 390.000 nati per 40 patologie circa (legge 167/16).
Se si prendono in considerazione, le malattie da accumulo lisosomiale, è ragionevole ipotizzare che il pannello sia ulteriormente destinato a crescere ancora: nel gruppo di oltre 50 malattie descritte (incidenza complessiva di un caso ogni 1.500-1.700 nati vivi), al momento solo per 10-15 è già disponibile o in fase molto avanzata di sperimentazione la terapia enzimatica sostitutiva o la terapia genica.
Le manifestazioni cliniche sono diverse per ciascuna di queste condizioni ereditarie, ma le regole generali valgono sempre: il neonato nasce sano e in un momento qualsiasi fra i primissimi giorni e i primi anni di vita si manifestano le alterazioni di organi e sistemi che il trattamento precoce può evitare o arrestare.
Ancora una volta la ricerca italiana ha fornito il suo contributo a raggiungere questo obiettivo: nel 2009 al Meyer è stata studiata una procedura analitica capace di identificare in circa 4 minuti 5 deficit enzimatici sulla goccia di sangue prelevata per lo screening; la procedura è stata successivamente estesa a 6 malattie nel 2011. Questo nuovo test permette di fare diagnosi delle malattie di Pompe, di Gaucher, di Fabry, di Niemann-Pick (A/ B), di Krabbe e di Hurler. Si tratta di una efficiente alternativa rispetto alle metodiche prima disponibili, lunghe, complesse e più costose.
Alcuni Paesi hanno già incluso alcune malattie da accumulo lisosomiale nei pannelli di screening neonatale, altre lo faranno a breve o hanno lanciato progetti pilota. Dal 2015-2016 negli Stati Uniti sono entrate nello screening neonatale la glicogenosi di Pompe e la malattia di Hurler. Per la malattia di Pompe sono stati avviati progetti pilota a Taiwan e in Australia.
In Europa, i progetti pilota, tra cui quello triennale (2014-2017) della Regione Toscana riguardano, oltre a queste stesse due malattie anche quella di Fabry. Anche la Regione Veneto nel 2015 ha iniziato un progetto pilota per 4 malattie da accumulo lisosomiale (le 3 della Toscana e in più la malattia di Gaucher). Nessuna malattia d’accumulo lisosomiale è stata ad oggi inserita nel pannello obbligatorio nazionale. Tuttavia, viste le molte opzioni terapeutiche presenti e la disponibilità di test di screening sempre più efficienti saranno sicuramente fra le prime ad essere rivalutate dagli organi istituzionali preposti per un futuro inserimento nel pannello obbligatorio.
Le immunodeficienze
L’altro grande capitolo riguarda le immunodeficienze severe combinate (SCID) condizioni ereditarie che interessano ogni anno circa 6 milioni di neonati nel mondo, oltre 5 mila in Italia. Questi bambini con deficit dell’immunità innata e/o adattiva nascono apparentemente sani e protetti dagli anticorpi materni. Ma al primo contatto con un agente infettivo, il difetto numerico o funzionale dei linfociti T e/o B, mette in crisi il loro organismo, in assenza di trattamento, li può portare alla morte dopo pochi giorni o mesi, quasi sempre entro i primi due anni. Poiché sono disponibili una molteplicità di cure dalle più tradizionali come le immunoglobuline e gli antivirali, alle più innovative, e risolutive, come il trapianto di midollo o la terapia sostituiva con enzima ricombinante, le SCID entrerebbero a pieno titolo nel mondo dello screening neonatale.
L’immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID) ha ereditarietà autosomica recessiva (cioè entrambi i genitori sono portatori sani del difetto), è una delle forme più frequenti, rappresentando fino al 15-20% dei casi complessivi di SCID. Nella forma tipica la carenza dell’enzima è diagnosticabile alla nascita e il grave deficit immunologico si accompagna a disturbi cognitivi, sensoriali e alterazioni scheletriche. Lo studio di un caso di ADA SCID in un bambino di tre settimane di vita è stata l’occasione per il gruppo del Meyer di Firenze di mettere a punto il passaggio dal test diagnostico sulle urine al test di screening sul sangue. Per il deficit di ADA è disponibile in commercio la terapia genica approvata dalla Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e sviluppata dagli scienziati del San Raffaele di Milano.
Un’altra forma di SCID più rara del difetto di adenosina deaminasi è il deficit di Purina Nucleoside Fosforilasi (PNP), anch’essa autosomica recessiva, caratterizzata da infezioni respiratorie ricorrenti che si accompagnano ad alterazioni neurologiche e a manifestazioni di autoimmunità. Anche per questo difetto oggi è disponibile un efficiente test di screening neonatale che ne permette una precoce identificazione.
Per la identificazione della maggior parte delle altre forme di SCID gravi, si utilizza un test di biologia molecolare che si basa sull’ identificazione con tecniche di amplificazione genica (PCR real time) di piccoli frammenti di DNA circolanti indicatori di non completa maturazione dei linfociti. Più in dettaglio per i linfociti T si tratta dei TREC (T-cell receptor excision circle) e per le cellule B dei KREC (kappa-deleting recombination excision circle). In alcune forme di SCID con fenotipo più lieve, può essere alterato anche uno solo dei due test TREC/KREC; l’utilizzo di entrambi i metodi contemporaneamente consente di migliorare la sensibilità di diagnosi, ma non raggiunge comunque una specificità e sensibilità del 100%. Questo è stato dimostrato proprio per ADA e PNP SCID ed è un ulteriore motivo per sostenere l’uso della spettrometria di massa già impiegata per la identificazione delle altre malattie metaboliche.
Un cenno infine alle leucodistrofie. Tra queste la adrenoleucodistrofia legata al cromosoma X ha una frequenza di un caso ogni 17.000 nuovi nati. Il difetto della beta-ossidazione degli acidi grassi a catena lunga si traduce in demielinizzazione a livello del sistema nervoso centrale e in atrofia delle ghiandole surrenali. Il deficit enzimatico di arilsulfatasi A, tipico della leucodistrofia metacromatica, porta all’accumulo nei tessuti di ceramidi. Esistono diversi fenotipi con esordio in momenti diversi della vita, tutti accomunati da un grave danno a livello del sistema nervoso centrale e periferico.
Lo screening neonatale in Toscana
La Toscana è stata la prima regione italiana ad adeguarsi ai protocolli internazionali adottando un pannello allargato per più di 40 malattie già negli anni 2001-2004 con un progetto pilota, cui è seguita la delibera regionale n. 800 del 2 agosto 2004 che ha sancito l’obbligatorietà dello screening per i nuovi nati dal 1 novembre di quell’anno. Si parla di 38-42 mila (ora ridotti a 25-28 mila per denatalità) assistiti l’anno riferiti al Meyer di Firenze come centro di riferimento. Dal 1 gennaio 2010 si è unita la regione Umbria. Nel 2011 la regione Toscana ha avviato, per la prima volta al mondo, un progetto pilota per l’ADA SCID. Come già accennato un progetto pilota per alcune malattie da accumulo lisosomiale e per le SCID è stato attivato nel 2014 mentre nel 2020 è stato attivato in collaborazione con il Gemelli di Roma lo screening per la Atrofia Spinale Muscolare per cui oggi è disponibile la terapia genica. L’ultimo progetto pilota attivato è stato a marzo del 2023 per la leucodistrofia metacromatica, patologia neurodegenerativa devastante per cui recentemente è stata approvata la terapia genica. Dal 2001 sono stati sottoposti a screening esteso oltre 700.000 neonati con circa 650 diagnosi.