Queste pagine dedicate a Graziella Magherini corrispondono all’esigenza di due professioniste di diversa generazione che si sono incontrate e frequentate nel corso del tempo e che in qualche modo hanno condiviso un’esperienza a distanza di molti anni: il Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura di Santa Maria Nuova. Ho conosciuto Debora Meloni negli anni in cui, su invito del professor Maurizio Ferrara ho avuto, per un decennio, un insegnamento presso la scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Firenze. Ritrovarla a dirigere l’SPDC di Santa Maria Nuova e poi l’UFS SMA 2 (di cui fa parte “La Tinaia”) è stata una piacevole sorpresa. Vederla in quei luoghi, mi ha fatto riflettere sull’eredità e sulla trasmissione del sapere, ma anche sui valori fondanti la nostra professione, fra le più belle e fra le più complicate.
Graziella Magherini portava i suoi “giovani” 96 anni con dignitosa saggezza e inesauribile curiosità. Nata a Firenze nel 1927 e deceduta il 10. 12. 2023, a 24 anni si laureò in Medicina e successivamente si specializzò in Psichiatria. A 33 anni ottenne la libera docenza. Nel 1951 fu assunta presso l’ospedale psichiatrico di San Salvi e nel 1959 divenne primaria nello stesso ospedale. In seguito, divenne psicoanalista SPI e membro del CPF che ospitò per qualche anno presso la sede della U.O di Psichiatria da lei diretta. In seguito dalla SPI si trasferì all’Associazione Italiana di Psicoanalisi. Negli anni di lavoro in ospedale psichiatrico, sviluppò ed organizzò un modello di psichiatria psicodinamica, fra i primi, istituì con Franco Mori e con Gianfranco Zeloni uno spazio in ospedale psichiatrico dedicato alla cura e alla riabilitazione dei pazienti gravi attraverso l’espressione artistica. A tutti è nota la storia, sempre viva, della Tinaia. Molti pazienti trovarono un modo per esprimere vissuti, paure e magiche illusioni. Un’esperienza simile a quella di Gaetano Benedetti nel nosocomio svizzero. Quella fu la base sulla quale costruire nuovi progetti di cura mirati a esaltare le capacità espressive ed a svelare ambiti celati ed inespressi, favorendo l’autostima e un sostegno al Se’ fragile. Le opere artistiche costituirono un vero patrimonio grazie anche alla scoperta di autentici artisti fra i pazienti. Negli anni la Tinaia ha conquistato una vera e propria autonomia. Con Gianfranco Zeloni scrisse di questa esperienza: “Sul confine. scritti e dipinti da un ospedale psichiatrico”. Con Pierandrea Lussana e Luciano Berti scrisse: “Apoteosi contemporanea e odierna”.
Il suo interesse per l’Arte ebbe negli anni uno sviluppo e questa passione la portò ad essere cofondatrice della International Association for Art and Psychology, della quale fu a lungo presidente. Fu autrice di molte pubblicazioni in merito. La Sindrome di Stendhal ebbe la prima edizione nel1989.
L’avvento della legge 180 colse la sanità della Regione Toscana non del tutto impreparata. Da anni, infatti, era stato avviato un processo che favoriva una risposta nuova al disagio psichico. Pur persistendo gli Ospedali Psichiatrici, erano stati istituiti nel territorio con criterio distrettuale i Centri i per la salute mentale distribuiti per zone con equipe multiprofessionali. Tutto in funzione della prevenzione rivolta sia ai prodromi della patologia, che al contenimento delle ricadute. Il servizio territoriale da lei diretto era già dislocato in varie sedi del Centro Storico di Firenze, appartamenti autogestiti per dimessi dall’O.P., un centro diurno, un ambulatorio psichiatrico a Santa Maria Nuova, una sede della UO di Psichiatria, quando nel 1977, in seguito all’intervento di una commissione ministeriale presieduta da Franco Basaglia, le fu affidata la direzione del reparto psichiatrico nell’ospedale di Santa Maria Nuova. “I matti nel comune ospedale!”
Un’ esperienza simile era già stata realizzata a Figline Valdarno dall’equipe diretta dal prof. A. Ballerini. Quell’anno la conobbi, da giovane medico incaricata. Il periodo dal maggio 1977 al maggio 1978 fu un’occasione per preparare l’equipe e non solo, al cambiamento epocale per il passaggio alla legge 180 nel maggio 1978. Il reparto divenne il primo SPDC della provincia di Firenze. Contemporaneamente il reparto psichiatrico della clinica universitaria, diretta da Adolfo Pazzagli, accolse anche i pazienti del territorio e collaborammo anche con il prof. Ferrara affinando insieme le nuove modalità di cura. Si attivarono le risorse territoriali per ciascun paziente, proveniente da Firenze e Provincia. Si ridussero a meno di un terzo, rispetto al passato, i ricoveri in Ospedale Psichiatrico, per coloro che avevano avuto già ricoveri nella sede manicomiale. I trattamenti sanitari obbligatori in SPDC nei primi sei mesi dal varo della legge 180 furono solo 30. Graziella Magherini fu primaria in un’epoca in cui la prerogativa era degli uomini. Ma osservavo giorno per giorno, anno per anno quel suo modo di esercitare la leadership. Non era necessario per lei, inseguire il modello maschile ed esercitò il suo potere in coerenza con il suo agire clinico e con il suo essere donna. Se possiamo parlare di democrazia, la leadership era democratica, se democrazia vuol dire ascolto, diceva: “voglio ascoltarvi tutti, poi lo so che devo decidere io”. Se leadership vuol dire trasmettere cultura, furono infinite le occasioni formative offerte da lei direttamente insieme a Adolfo Pazzagli, con i gruppi operativi alla Pynchon Riviere e J.Bleger, che introdusse a Firenze e in Toscana con la collaborazione di Armando J. Bauleo, della moglie Marta De Biase e della collega argentina Cristina Canzio. Questo percorso era stato preceduto da una formazione rivolta a tutti gli operatori con il codice GAB (genitore, adulto, bambino, utilizzando le dispense di Franco Fornari che a sua volta si era ispirato ai semplici modelli psico-comunicativi dell’analisi transazionale. (Thomas Harris, “Io sono ok, tu sei ok”; Eric Berne, “A che gioco giochiamo”, “Ciao… E poi?). Gianfranco Zeloni condusse con lei questo progetto. Per la nostra formazione, Graziella Magherini collaborò anche con il Cemea: Oscar Gitz, che lei conobbe nei primi anni 60, ispirandosi allo psicodramma di Moreno, proponeva tecniche di comunicazione non verbale, un approccio possibile al mondo delle emozioni. Tutti gli operatori di ogni ordine e grado potevano accedere a queste forme di aggiornamento. Era maestra senza salire in “cattedra”; eppure, era docente alla scuola di specializzazione in Psichiatria a Firenze. La formazione avveniva anche sul campo, parlando di un caso lì per lì e comunque, nella quotidianità ospedaliera o ambulatoriale. Non si prendevano appunti, ma quelle osservazioni sedimentavano e rimanevano scolpite, costituendo un tesoretto che ancora da’ i suoi frutti. Anche di recente mi faceva piacere ripetere, a lei sorridente, il nostro “aneddotico repertorio”. Ebbe una stretta collaborazione professionale sulle nuove condizioni di cura con i colleghi, responsabili di altre UO di Psichiatria: G.F. Zeloni, A. Ballerini e della Clinica Psichiatrica A. Pazzagli. Offrì anche a professionisti di altre equipe o associazioni, l’opportunità di frequentare con noi i gruppi psicodinamici e di intervisione. Quella apparente intrusione, si rivelò una grande risorsa. Dato che non ci siamo fatti mancare nulla, in occasione di un tirocinio post-laurea, il nostro servizio ha ospitato Carla Voltolina Pertini, mentre era la prima donna di Italia in quanto moglie del Presidente della Repubblica in carica, Sandro Pertini. Graziella Magherini aveva chiaro che il nostro sapere doveva essere speso anche al servizio dell’ospedale nelle sue articolazioni. Infatti, si occupò con alcuni sanitari, medici e infermieri di Santa Maria Nuova, del complesso rapporto con i pazienti oncologici e costituì un gruppo misto con sanitari delle due Unità Operative interessate. Lavorarono per anni fino produrre un modello da condividere. Realizzò negli ultimi anni del suo mandato, la tanto attesa comunità terapeutica ad impronta psicodinamica per giovani pazienti psichiatrici.
La sua leadership era centrata sulla cura dei pazienti estesa agli operatori, curare chi cura. Solo curando chi cura, si può veramente curare. Fu una donna giusta al momento giusto, non disdegnò di svolgere un ruolo materno, discreto, verso tutti, pazienti ed operatori, un insieme inscindibile. La sua lotta al pregiudizio sulla malattia mentale fu totale e precedente rispetto alla a legge 180 alla quale il gruppo, si era in un certo senso preparato. Apriva le porte e credeva fermamente ai nuovi modelli di cura, fondati sulla relazione terapeutica, nel senso di riconoscerla nei suoi svariati aspetti, anche i più reconditi estendendo a tutti gli operatori coinvolti, la possibilità di formarsi su questo ambito specifico. Ma tenne a bada i nostri ardori. Sviluppammo insieme un senso critico, il legittimo cambiamento della prassi era insufficiente per portare, nell’immediato, a curati e curanti una sostanziale trasformazione. Transitammo in una fase di duplice lutto rispetto al vecchio ma anche rispetto al nuovo ancora incerto e imberbe.
Per tutto ciò e per esserle stata accanto, le sarò eternamente grata.
Vincenza Quattrocchi, Psicoanalista SPI, già primario dei Servizi di Salute Mentale di Empoli
Esco dall’SPDC dove ho visto i pazienti del nostro CSM ricoverati, vado al servizio di corsa, ho dei familiari che mi aspettano, facciamo il punto su un giovane paziente che ha iniziato recentemente un inserimento lavorativo.Vengo a sapere dal Web della morte della professoressa Magherini, io non l’ho conosciuta personalmente ma è stata una maestra dei miei maestri (come la Dr.ssa Quattrocchi). Questa notizia mi fa tornare in mente gli anni della formazione “chi è stato il primo a cui ho sentito rammentare la Magherini?” penso “di sicuro il prof Maurizio Ferrara” (ricordo che diceva di lei “era una donna che aveva sia il sacco che la farina” per dire che sapeva coniugare il fare ed il pensare in psichiatria). Sfoglio la mia agenda…. oggi invece che sembrarmi come sempre troppo piena mi rendo conto di quanto sia ricca ed affascinante: ambulatorio, riunione di equipe al Centro Salute Mentale, riunione con gli infermieri per le terapie Long Acting Injections, briefing per i pazienti del nostro servizio ricoverati, incontro con i familiari di alcuni giovani utenti in cura per disturbo psicotico, visita con contratto terapeutico di una paziente in Comunità terapeutica, non manca un bel turno festivo di dodici ore in SPDC. Sono gli impegni lavorativi di uno psichiatra dei Servizi di Salute Mentale della Usl Toscana Centro, Servizi che come ideale e come modello organizzativo hanno i concetti fondanti della psichiatria di Comunità (mai pienamente realizzati ma qui più realizzati che in qualsiasi altra parte di Italia): la continuità terapeutica ed il gruppo di lavoro. Un gruppo di lavoro multi-professionale (medici psichiatri, psicologi, infermieri ed oss, assistenti sociali ed educatori professionali) è responsabile della continuità di trattamento verso un paziente, la scelta dei diversi interventi possibili all’interno dell’Unità Funzionale (ambulatoriale, domiciliare, riabilitativo, ospedaliero…) avviene in base alle esigenze ed ai bisogni del paziente, vi è una condivisione del lavoro di osservazione fra tutti gli operatori coinvolti e tale lavoro si estende nel tempo permettendo agli operatori ed al paziente di confrontarsi con i suoi progressi.Si lavora su tutto, dalla cura farmacologica alla attivazione di risorse e competenze sociali, è un lavoro che a volte si confonde con le normali esperienze di vita ed ha i tempi lunghi dell’apprendimento. E’ un lavoro necessario quando il disturbo psichico si manifesta nelle sue forme più gravi e tende a persistere nel tempo. Lo scopo è garantire al paziente un sostegno ed un punto di riferimento stabili (gruppo di persone e luogo fisico) che possano contrastare la tendenza alla disgregazione causata dal disturbo e la conseguente frammentazione degli interventi. Dentro l’Unità Funzionale che ha come centro organizzativo il Centro di Salute Mentale si operano interventi di prevenzione e funzioni di cura ambulatoriali, interventi ospedalieri sulla crisi (anche il reparto ospedaliero è parte dell’UF), interventi di comunità ed inserimento sociale e lavorativo, interventi di riabilitazione e supporto alla cronicità. Ecco questo modello (non perfetto ma a nostro avviso il migliore possibile) di continuità ed unità delle cure, questo continuum della cura ospedale-territorio-contesto naturale di vita è possibile grazie a dei fondatori (tra cui la professoressa Magherini ed il professor Arnaldo Ballerini venuto a mancare nel 2015) a cui va tutta la nostra riconoscenza. Come ultima cosa che rappresenta davvero l ‘evoluzione delle premesse e delle promesse di questi fondatori vogliamo ricordare la recente apertura del nuovo SPDC dell’Ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze inaugurato nel giugno 2022 dal Presidente Eugenio Giani, dall’Assessore Sara Funaro e dall’allora Direttore Generale USL TC Paolo Morello Marchese. A pian terreno, luminoso, arieggiato, con un bello spazio esterno con giardino e stanze doppie e singole come ogni SPDC dovrebbe essere e come la prof.ssa Magherini immaginava ed auspicava.
Debora Meloni, responsabile Unità Funzionale Semplice Firenze Quartiere 2