“Il ricordo va al sacrificio dei tanti colleghi che hanno donato anche la loro vita per consentire ai cittadini di essere in ogni caso curati. Abbiamo perso tantissimi medici e infermieri, tantissime sono state le vittime. A quattro anni di distanza, la lezione più importante che la pandemia ci ha lasciato è quella di difendere e valorizzare il Sistema sanitario nazionale. Per questo bisogna investire sul capitale umano rendendo attrattiva la sanità pubblica”.
A dirlo è il presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze Dattolo, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus.
“Dobbiamo sensibilizzare le persone a difesa del servizio sanitario equo, universale e gratuito per tutti. Questo bene fondamentale, sancito dalla Costituzione, è in reale crisi – sottolinea Dattolo -. Purtroppo, ad oggi il sistema non ha dato dimostrazione di aver imparato dal passato. L’investimento sulla sanità pubblica non può essere il 6,2% rispetto al Pil: negli Stati Uniti è il 17%, Francia e Germania spendono circa l’11%. Troppo poche le risorse investite sulla sanità italiana. E’ giusto puntare su mezzi tecnologici avanzati ma bisogna sempre tenere al centro i professionisti”.
“Soltanto un sistema pubblico forte potrà rispondere, in modo tempestivo, a eventuali, nuove emergenze sanitarie. Nel 2020 il nostro servizio sanitario nazionale si dimostrò impreparato, non soltanto perché nessuno conosceva il virus ma anche perché non c’erano gli strumenti adeguati per poterlo affrontare – ricorda il presidente Dattolo -. Furono, comunque, salvate tante vite grazie all’abnegazione e alla capacità della scienza, dei medici, degli operatori sanitari che non si risparmiarono lottando giorno e notte nei pronto soccorso e nelle corsie degli ospedali. Grazie a donne e uomini, che lavorano sul territorio, negli ospedali più grandi e in quelli più piccoli, fu messa in piedi una strategia per curare le persone ed uscire dalla pandemia. La scienza, con i vaccini, e le eccezionali professionalità hanno permesso di riappropriarci di quella vita civile che il lockdown ci aveva negato”.