Andrea Vannucci, docente di Programmazione, Organizzazione e Gestione delle aziende sanitarie DSIM – ’Università di Siena
Il percorso di uno studente di medicina è tradizionalmente uno dei più impegnativi. Superare il test di ammissione è il primo confine da attraversare. Nel 2022, come confermato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, la percentuale degli idonei è stata del 50,76%. In compenso, poi, il tasso di abbandono a Medicina è basso: il 2%.
Aldilà delle discussioni sulla selezione iniziale e su i pro e contro del numero chiuso, negli ultimi anni una grande incertezza si presenta per gli attuali e futuri studenti di medicina: come sarà dopo la laurea e la specializzazione la loro professione?
La pratica medica sta subendo un cambiamento significativo e la pandemia COVID-19 ha agito da acceleratore. La rivoluzione digitale, con la possibilità di fornire diagnosi, consultazioni e cure a distanza e poi il prepotente avvento dell’IA e infine la robotica con interazioni operatore-macchina e anche paziente- macchina un tempo impensabili, stanno cambiando il panorama medico e la relazione medico-paziente. A fronte di una realtà in così rapida evoluzione, gli studenti di medicina potrebbero non sentirsi preparati per un ruolo in grado di trasformare le tante e nuove opportunità in reali benefici per i loro pazienti e per loro stessi.
I pazienti “potenziati”
I progressi della sanità digitale sono alimentati dallo sviluppo e dalla disponibilità, crescente e a costi contenuti, delle tecnologie. In questo contesto di cambiamento l’efficace attuazione della pratica medica si basa su una mutazione culturale che prevede un rinnovamento dei ruoli, delle relazioni e delle alleanze. Una rivoluzione di ogni modello di cura passato, soprattutto quando gerarchico e basato su una comunicazione unidirezionale. Quanto già da alcuni decenni era in progressivo declino viene spazzato via e diventerà qualcosa di quasi difficile anche solo da immaginare per le future generazioni.
Ormai le persone comuni sono attente alle informazioni che riguardano la loro salute e che possono osservare con facilità sui loro smartphone. In particolare molti pazienti stanno imparando, grazie ai molteplici dispositivi indossabili disponibili, a controllare parametri, diventando progressivamente più esperti.
Si può anche minimizzare il fenomeno, forse giusto per il tempo necessario e veder scomparire il segmento di popolazione più anziano e con minore (ma non in tutti casi) alfabetizzazione digitale, ma questo non toglierà che le relazioni tra professionisti sanitari ed assistiti assumeranno sempre di più la dimensione della partnership: i pazienti “potenziati “ saranno portatori di informazioni sulla propria salute attraverso i dati raccolti dai dispositivi indossabili e pronti a discutere strategie di cura e piani di trattamento con i loro curanti.
Chi pensa che sarà una diminuzione del fare il medico sbaglia perché il ruolo di guida rimarrà importante, solo che cambierà. I medici conserveranno, probabilmente aumenteranno, le conoscenze che servono per decidere quale rilevanza clinica avranno i dati raccolti e quelle per raccomandare ai pazienti quali prodotti sanitari digitali dovranno scegliere per la gestione delle loro condizioni di malattia o di salute. Una conoscenza indispensabile per i futuri medici perché, con una miriade di strumenti disponibili, i pazienti potrebbero diventare vittime di un mercato che li spinge ad un consumismo sanitario che avvantaggia i produttori ma non gli utilizzatori.
I futuri medici, se protagonisti di tali cambiamenti, sapranno come sostenere pazienti che saranno sempre più consapevoli e responsabilizzati. Sarà come se i pazienti diventassero (e lo diventeranno realmente) membri del “team sanitario” e i medici dovranno imparare a lavorare con loro, capire i loro bisogni e guidarli ma contemporaneamente essere in grado di accogliere e incoraggiare i loro suggerimenti per migliorare l’esperienza medica.
L’intelligenza artificiale
I racconti di fantascienza spesso raffigurano l’IA come un sorpasso degli esseri umani, portando a un futuro distopico. I recenti sviluppi nel campo dell’IA permettono ormai di confrontare quanto avviene nella vita reale con tali rappresentazioni. I timori che l’IA prenda il sopravvento sugli esseri umani includono anche la paura che possa sostituire i medici, ma ciò è probabilmente infondato. L’IA non può sostituire il tocco umano né l’empatia richiesta nella dinamica di una cura. Curare con la giusta compassione rimarrà una questione tra umani e i futuri medici devono affinare questa abilità e potranno anzi dedicare più tempo per parlare con i loro pazienti di quanto non sia possibile adesso.
Un uso vantaggioso dell’IA, anche nella pratica clinica del singolo professionista, sarà l’aiuto nel fare scelte e prendere decisioni che rispondono ad elevati standard di appropriatezza clinica. L’IA ha la capacità di analizzare grandi quantità di dati sanitari, come record elettronici dei pazienti, dati di imaging, risultati di test di laboratorio, trials clinici e studi scientifici. Utilizzando algoritmi avanzati, l’IA può identificare modelli e tendenze che possono aiutare a prendere decisioni migliori, tempestive e più informate sulla diagnosi e la scelta del trattamento. Il campo nel quale già si preannunciano i maggiori vantaggi sarà quello della personalizzazione della cura. Tale possibilità, finalmente concreta, porterà al progressivo abbandono dei PDTA a cui potremo riconoscere il merito di essere stati un’ utile fase di transizione dell’assistenza verso la nuova realtà, cioè “quella cura per quel paziente”. L’IA, che può analizzare i dati individuali dei pazienti, come storia clinica, dati genetici e fattori di rischio, suggerirà i trattamenti personalizzati e sarà d’aiuto nella gestione delle terapie grazie anche alle sue possibilità di monitorare e gestire il trattamento dei pazienti nel tempo.
Nuovi saperi
I medici dovranno anche sviluppare rapidamente abilità “ingegneristiche”, soprattutto per saper interagire con gli strumenti di intelligenza artificiale generativa. Questi strumenti sono diventati popolari negli ultimi anni e miglioreranno nel tempo. Saper cercare suggerimenti e porre domande efficaci li potranno aiutare nel corso della professione in molti aspetti: dalle attività cliniche a quelle burocratiche / amministrative, nonché aiutarli nelle attività di ricerca e di formazione continua.
Tali abilità vanno insegnate già nel corso di studi universitari e possono essere ulteriormente trasferite ad altri futuri modelli di intelligenza artificiale migliorandone le performance. Ciò renderà i futuri medici più rilevanti nell’era futura della salute. Coloro che useranno l’IA generativa probabilmente sostituiranno progressivamente i colleghi che non sanno usare tale tecnologia e ciò potrebbe avvenire rapidamente.
L’alfabetizzazione sanitaria digitale
Per rimanere al massimo del loro ruolo come futuri medici, gli studenti di medicina hanno bisogno di alfabetizzazione sanitaria digitale. Dovranno quindi tenere il passo con le complessità delle tendenze, degli approcci e delle tecnologie emergenti della salute digitale al fine di fornire cure abilitate digitalmente. Dovranno avere una mente aperta verso nuove pratiche ed essere pronti a continuare ad imparare sempre. Questo, a sua volta, consentirà loro di guidare e supportare i loro pazienti durante la loro esperienza di sanità digitale.
La generazione di coloro che arrivano adesso a Medicina ha tutte le competenze digitali per assumere il ruolo professionale adeguato alle opportunità che i progressi tecnologici offrono ma è fondamentale, e questa è la sfida, che trovino ecosistemi congeniali allo scopo, prima educativi e poi professionali.
Coloro che ancora decidono in merito appartengono a generazioni meno predisposte a questo tipo d’innovazione e potrebbero avere comportamenti professionali conservatori, sia come educatori che come dirigenti di servizi clinici. Questo è un rischio che deve essere considerato e risolto se abbiamo a cuore il futuro delle cure mediche e dei professionisti che le praticheranno.
Fonte: EuroHealthNet “The future of public health in Europe”