Andrea Vannucci, docente di Programmazione, Organizzazione e Gestione delle aziende sanitarie DSIM – Università di Siena
La speranza di vita alla nascita nella provincia di Firenze è di 82,2 anni per i maschi e 85,6 per le femmine, una delle più alte al mondo. Pur all’interno di un fenomeno positivo, quello dell’aumentata speranza di vita, e in una buona percentuale anche in buona salute, esistono però degli esclusi. Tali esclusioni saranno modificabili se agiremo con competenza, determinazione e saggezza. È una sfida che potrà avere successo se ci saranno due condizioni associate: uno sforzo integrato tra approcci clinici innovativi e un sistema di welfare solido finanziariamente e rinnovato nei suoi contenuti in base alle nuove conoscenze.
L’assistenza agli anziani è l’area nella quale più profondamente si compenetrano e diventano inscindibili il bisogno sociale e quello sanitario, in una gradazione che comprende aspetti diversi e tra loro complementari come il bisogno di evitare l’emarginazione sociale, il supporto alle funzioni complesse della vita, l’aiuto quotidiano psicologico e materiale per le funzioni semplici, fino all’assistenza costante e, in alcuni casi, ad alta valenza sanitaria delle fasi di non autosufficienza. Una gamma complessa, di bisogni, quindi, che prevede sinergie tra ruolo della famiglia e quelli della rete amicale, del volontariato e dei servizi sociali e che, per quanto riguarda l’intervento più specificamente sanitario, comporta alta integrazione e duttilità della risposta rispetto all’articolarsi dei bisogni.
Gli anziani fragili rappresentano una delle categorie più vulnerabili della società, spesso soggetta a diverse forme di diseguaglianza. La fragilità negli anziani è una condizione caratterizzata da una diminuzione delle riserve fisiologiche e dalla ridotta capacità di far fronte agli stress. Questo stato può essere associato a molteplici problemi di salute, isolamento sociale, difficoltà economiche e accesso limitato ai servizi sanitari. Malattie come il diabete, l’ipertensione e le malattie cardiovascolari sono comuni e aggravano ulteriormente lo stato di fragilità.
Molti anziani fragili vivono soli o hanno reti sociali limitate. Questo isolamento può peggiorare la loro salute mentale e fisica, aumentando il rischio di depressione e peggiorando le condizioni croniche esistenti.
Questa popolazione spesso incontra difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari e sociali. Le barriere incontrate possono includere problemi di mobilità, carenze nei trasporti pubblici o limitata disponibilità di servizi domiciliari.
La fragilità economica è comune tra gli anziani, con molti che vivono con pensioni limitate o nessun risparmio. Questo riduce la loro capacità di accedere a cure di qualità e di mantenere una buona qualità della vita. Le diseguaglianze tra gli anziani più fragili possono essere osservate su tre livelli:
- geografico: la disponibilità e la qualità dei servizi per gli anziani variano notevolmente tra Nord e Sud e all’interno delle diverse regioni. Le aree rurali spesso offrono meno servizi rispetto alle aree urbane;
- socioeconomico: gli anziani con un background socioeconomico basso tendono a essere più fragili e hanno un accesso limitato ai servizi di salute e sociali;
- di genere: le donne anziane sono più a rischio di fragilità rispetto agli uomini, in parte a causa di una maggiore longevità e di condizioni economiche spesso peggiori.
L’ageismo
Come dimostrato da un’ampia letteratura, l’ageismo è diffuso e ha effetti dannosi. L’ageismo è nelle nostre istituzioni, nelle nostre relazioni e in noi stessi.
L’ageismo pervasivo nell’assistenza sanitaria è particolarmente distruttivo poiché influisce negativamente sulla sopravvivenza sana e sulle traiettorie di salute e benessere delle persone anziane e limita la capacità degli individui di contribuire agli obiettivi sociali. Ad esempio, nonostante la massiccia crescita del numero e della percentuale di persone anziane nella popolazione e la crescente prevalenza di persone affette da multimorbilità e disabilità, l’assistenza ai pazienti anziani rimane insoddisfacente e la pratica medica si basa principalmente su un approccio autonomo (singolo) alla malattia. Pertanto, affrontare l’ageismo nell’assistenza sanitaria può giovare non solo a ciascuno di noi, ma alla società in generale.
La decade ONU del programma per l’invecchiamento in buona salute (2021-2030) ha identificato l’ageismo come un ostacolo globale che limita le opportunità delle persone anziane di dare il loro contribuito alla società, realizzare il loro pieno potenziale e condurre una vita appagante.
OMS) ha promosso una “Campagna Globale per la Lotta all’Ageismo” (http://bit.ly/combatageism) per costruire un mondo per tutte le età, cambiando il modo in cui pensiamo, sentiamo e per agire sull’età e sull’invecchiamento. Per fornire un supporto basato sull’evidenza alla Campagna globale per combattere l’ageismo, l’OMS, in collaborazione con altre agenzie delle Nazioni Unite, ha pubblicato il “Rapporto globale sull’ageismo” nel 2021 (http:// bit.ly/ageismreport).
Recentemente, la Global Roadmap for Healthy Longevity della National Academy of Medicine degli Stati Uniti ha rafforzato la necessità di affrontare l’ageismo e ha identificato la formazione, l’istruzione e le nuove infrastrutture sociali che valorizzano e consentono il contributo degli anziani come passaggi fondamentali per promuovere una longevità sana e come una delle missioni principali dei sistemi sanitari e della società nel suo complesso.
Ageismo e assistenza sanitaria
Per molto tempo l’approccio medico alla salute si è concentrato sulla diagnosi, la gestione e la cura di singole malattie.
In un’epoca in cui la percentuale di persone anziane nella popolazione era bassa e la longevità era rara, gli individui di mezza età con malattie singole, di solito acute, rappresentavano la maggior parte dei pazienti in cerca di assistenza sanitaria. Il paradigma comune e generale era quello di trattare ogni malattia al momento dell’emergenza clinica, prescrivendo la terapia e mandando i pazienti a casa a guarire o morire. Il mantra “un paziente, un problema” è sopravvissuto per centinaia di anni. Questo approccio ha ignorato i pazienti con malattia croniche molteplici, fragilità e disabilità, considerando questi problemi “normali conseguenze dell’invecchiamento”, “troppo complessi” e “con bassa probabilità di rispondere alle cure”.
Fino agli ultimi decenni questo approccio non era ancora stato modificato dall’evidenza che la prevenzione delle malattie, la promozione della salute e l’occupazione produttiva contano anche nell’età più avanzate.
Con l’invecchiamento della popolazione e una sostanziale riduzione della mortalità in età avanzata, c’è stato un cambiamento nel profilo dei pazienti che accedono ai servizi sanitari. Ad oggi, i sistemi sanitari hanno risposto solo parzialmente all’ampia trasformazione della salute della popolazione. La missione generale dell’assistenza medica rimane radicata nella cura di una singola malattia, una strategia che è in conflitto con l’ormai ampia e crescente popolazione anziana e con l’emergere di nuovi modelli di morbilità.
L’ageismo è un ostacolo sostanziale sia alla valutazione che all’investimento in un’assistenza sanitaria e sociale che corrisponda ai bisogni e alle opportunità della nostra popolazione che invecchia. Pertanto, è diventato urgente affrontare l’ageismo che permea oggi il mondo clinico e quello dei manager della sanità per rispondere adeguatamente alle esigenze e alle preferenze sanitarie delle persone anziane.
L’ageismo è definito come “gli stereotipi (come pensiamo), il pregiudizio (come ci sentiamo) e la discriminazione (come agiamo) diretti verso gli altri o verso sé stessi in base all’età”.
L’imperativo demografico della longevità e dell’invecchiamento ha portato a un’espansione senza precedenti della popolazione anziana affetta da condizioni croniche e disabilità, rendendo le persone anziane i principali fruitori dell’assistenza sanitaria. Questa transizione richiede ora una trasformazione profonda e globale dell’organizzazione dell’assistenza sanitaria per l’individuo e approcci incentrati sulla popolazione per ottenere una longevità sana. Ciò richiederà nuovi contenuti e modalità di formazione del personale sanitario e della sanità pubblica e un maggior coinvolgimento di tutti i coloro che partecipano all’erogazione dell’assistenza, compresi gli assistenti sociali e i caregiver informali.
La letteratura supporta uno spostamento dei sistemi sanitari verso team sanitari e di assistenza sociale integrati incentrati sulla persona, che ricevono una formazione professionale sull’assistenza appropriata agli anziani con diverse combinazioni di condizioni, circostanze di vita e priorità sanitarie. Gli approcci alla salute della popolazione devono incorporare obiettivi per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute degli anziani. Purtroppo, sebbene l’invecchiamento della popolazione si stia verificando a livello globale, i bisogni specifici delle persone anziane sono riconosciuti solo in un numero limitato di organizzazioni sanitarie e nei curricula universitari di alcuni paesi (ageismo istituzionale).
Un comitato internazionale di esperti di geriatria ha convocato un gruppo di lavoro internazionale per discutere l’ageismo nell’assistenza sanitaria ed ha pubblicato un documento dal titolo Carta of Florence Against Ageism; No Place for Ageism in Health Care (2024).[1]
Lo scopo di questo documento è quello di indicare le azioni che dovrebbero essere implementate da subito per ridurre al minimo l’impatto negativo dell’ageismo nell’assistenza sanitaria e sulle opportunità di salute insoddisfatte nell’invecchiamento.
Affrontare l’ageismo è un intervento che genera “valore”: richiedere un investimento iniziale ma porta a un sostanziale risparmio di risorse evitando malattie indesiderate o cure inutili e allineando gli obiettivi di cura e assistenza alle preferenze soggettive di ciascun anziano. Questo approccio può comportare l’integrazione di cure riabilitative, palliative e interventi sociali con effetti costo/beneficio interessanti.
La postura mentale dell’ageismo è pervasiva e coinvolge la maggior parte degli aspetti della nostra vita. Impariamo presto che essere “giovani” in contrapposizione all’essere “vecchi” è un valore positivo e questa visione culturale ageista persiste per tutta la durata della vita. La “paura” di invecchiare e la “sorpresa” di raggiungere la vecchiaia sono solo alcuni esempi dell’imprinting “ageista” che ci portiamo dietro. Tali stereotipi culturali negativi sull’invecchiamento hanno gravi conseguenze sulla vita delle persone anziane, che tendono ad essere emarginate e escluse da molte opportunità solo a causa della loro “vecchiaia”.
Il pensionamento obbligatorio è imposto a persone che non mostrano avere alcun danno fisico o cognitivo e possono ancora dare un contributo importante alla comunità o al lavoro, è uno speco ed una discriminazione. È sorprendente l’incultura e la superficialità, per non parlare della miopia rispetto alla sostenibilità del sistema, di chi proclama programmi di riduzione dell’età pensionabile. Forse la conseguenza più scottante dell’ageismo culturale è la mancanza di riconoscimento del valore e dei bisogni speciali delle persone anziane da parte dei sistemi sanitari e l’incapacità di apportare i cambiamenti necessari nonostante la trasformazione demografica che si sta verificando in ogni paese del mondo.
Gli autori della Carta di Firenze (vedi voce bibliografica in fondo all’articolo) hanno identificato i principali casi in cui l’ageismo permea l’assistenza sanitaria e sociale, con conseguente assistenza non ottimale per questa parte crescente della popolazione. Avvertono i lettori che si sono volutamente concentrati su alcuni argomenti specifici, pienamente consapevoli che il documento pubblicato non è un inventario completo dei molti modi in cui l’ageismo ostacola la salute e la cura delle persone anziane e riduce la loro capacità di massimizzare la qualità della vita e il contributo alla società. L’intento è quello di concentrare l’attenzione su quelle che vediamo essere le principali manifestazioni dell’ageismo nell’assistenza sanitaria che, se affrontate con convinzione, possono trasformare la qualità dell’assistenza fornita alle persone anziane e la loro qualità di vita. La lettura del documento è davvero raccomandabile.
[1] Andrea Ungar, Antonio Cherubini, Laura Fratiglioni, Vânia de la Fuente-Núñez, Linda P. Fried, Marlane Sally Krasovitsky, Mary Tinetti, Alana Officer, Bruno Vellas, Luigi Ferrucci. “Carta of Florence Against Ageism; No Place for Ageism in Health Care”. The Gerontologist 2024