Antonio Panti
In un recente numero di Toscana Medica abbiamo dato notizia della richiesta di rinvio a giudizio per Conte e Speranza, rispettivamente Presidente del Consiglio e Ministro della Salute, per epidemia colposa in relazione alla pretesa ritardata istituzione di una zona rossa nei primi due comuni del bergamasco colpiti dalla pandemia.
Al di là della “stranezza” giuridica – l’epidemia colposa implica la possibilità materiale di provocare un’epidemia sia pur per negligenza- colpisce l’intrusione della magistratura in un terreno squisitamente politico, in cui le decisioni sono determinate dal bilanciamento di interessi e quindi non catalogabili come atti o omissioni che infrangono norme prescrittive e quindi possibili reati.
Il Tribunale dei Ministri, in questo caso a Brescia, ha reso giustizia decidendo per la completa insussistenza dei fatti, del tutto scagionando sia Conte che il Ministro. Scrivono i Magistrati bresciani nella sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste: “Era ragionevole e necessario che il Presidente del Consiglio acquisisse elementi ulteriori prima di istituire zone rosse, dovendo contemperare diritti costituzionali di pari dignità; si trattava di una decisione politica sottratta al vaglio giurisdizionale”.
Si cita spesso la celebre frase del contadino che, di fronte a un’ingiusta pretesa del Re di Prussia, rispose: ci sono giudici a Berlino. Per fortuna, pur in questa gravissima crisi della giustizia che è una delle maggiori cause delle difficoltà di questo Paese, ci sono persone intelligenti tra i magistrati bresciani.
Al di là della stravaganza giuridica, il Ministro che diffonde virus a piene mani, resta il riconoscimento che deve pur esistere un’area in cui le scelte politiche sono autonome e sottoposte solo al giudizio degli elettori. Il politico, oltre che rispondere alla propria coscienza, agli interessi comuni e, ovvio, a comportarsi senza commettere reati, può e deve, al contrario, ascoltare i consigli degli scienziati, fondati sull’esame attento dei dati disponibili.
Durante la pandemia sembrava che il rapporto tra scienza medica e politica fosse avviato sulla strada della reciproca comprensione. Purtroppo ce ne siamo subito dimenticati e il futuro del servizio sanitario è sempre più incerto. Difendendo la tutela della salute come bene comune si fa opera di giustizia.