Luca Bartolini, neurologo pediatrico AOU Meyer IRCCS – Firenze
Abstract
L’epilessia è una delle malattie neurologiche più comuni del bambino ed è caratterizzata dall’insorgenza di crisi epilettiche, risultato di scariche elettriche anomale nel cervello. Le cause sono molteplici e possono includere malformazioni cerebrali, malattie genetiche o anomalie acquisite del sistema nervoso. Esistono diverse terapie che possono includere farmaci e chirurgia.
Parole Chiave: Epilessia; Convulsioni; Crisi; Bambini; Febbre
Introduzione
L’epilessia è uno dei disturbi neurologici più comuni e debilitanti al mondo. Circa l’1% della popolazione è affetto da questa condizione, ma la gravità varia da persona a persona.
L’epilessia è una condizione complessa che rende i bambini suscettibili alle crisi epilettiche, che sono il risultato di un’attività elettrica anomala nel cervello. L’epilessia può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, non solo per le crisi, ma anche per la compresenza di altre condizioni mediche associate, come disturbi del comportamento e difficoltà di apprendimento, che influenzano il rendimento scolastico e lavorativo.
L’epilessia può colpire a qualunque età, anche nei neonati, ma è più comune nei bambini e nell’anziano.
Una diagnosi precoce è essenziale per trattare in modo adeguato le crisi e per quanto possibile le eventuali patologie associate. Le terapie per l’epilessia continuano a evolversi, e se diagnosticata in tempo, per diversi tipi di epilessia la prognosi può essere favorevole, consentendo di vivere senza crisi e con una qualità della vita normale.
Segni e sintomi
Il principale sintomo dell’epilessia sono le crisi epilettiche, che possono verificarsi in qualsiasi momento della giornata e con diversi gradi di intensità. Il risveglio e l’addormentamento sono due dei momenti della giornata a più alto rischio di crisi.
Le crisi epilettiche sono di diverso tipo:
– Crisi generalizzate, in cui c’è perdita di coscienza. Queste possono essere brevi “assenze” per qualche secondo, oppure vere e proprie convulsioni con scosse a braccia e gambe o irrigidimento, talvolta con perdita del controllo di vescica e intestino, morsicatura della lingua e schiuma alla bocca.
– Crisi focali, in cui la coscienza può essere parzialmente o completamente preservata. Questo perché l’attività elettrica anomala parte da un’area specifica del cervello e successivamente può “viaggiare” in altre aree ma non necessariamente generalizzare a tutte le zone. Queste crisi possono essere poco evidenti e passare inosservate per lungo tempo. I segni possono essere i più svariati e includere per esempio momenti di confusione, difficoltà nel parlare o movimenti ritmici a scatti degli arti, cadute improvvise, cambiamenti improvvisi nelle sensazioni, come sentirsi ondate di caldo o freddo, pelle d’oca, battito cardiaco accelerato. Alcune persone possono presentare comportamenti strani, come camminare in cerchio, pedalare con le gambe o avere scoppi di aggressività. Nei bambini più grandi e negli adulti sono comuni problemi significativi di memoria.
Il rischio di crisi per chi ha l’epilessia aumenta se si è deprivati di sonno, se si ha in corso un’infezione intercorrente, se non si prendono regolarmente i propri farmaci anticrisi, oppure se si assumono alcool o droghe stimolanti. Contrariamente a quanto a volte percepito nella popolazione, l’uso di marijuana aumenta significativamente il rischio di crisi ed è da evitare.
Come formulare la diagnosi di epilessia
La diagnosi di epilessia è una diagnosi clinica. In base alla anamnesi e alle caratteristiche delle crisi è già possibile circoscrivere le possibili diagnosi. Si usano poi diversi test per raffinare la diagnosi e capire le cause dell’epilessia. In particolare:
- L’elettroencefalogramma (EEG) e il monitoraggio prolungato EEG servono a studiare le onde cerebrali e a dare informazioni su un possibile rallentamento dei segnali elettrici globale o in aree specifiche del cervello, o focolai di possibili scariche elettriche anomale che predispongono ad avere crisi
- La risonanza magnetica (RM) del cervello serve a dare informazioni sulla struttura e la eventuale presenza di anomalie congenite o acquisite che possano predisporre ad avere crisi. È una metodica che non espone a radiazioni o rischi per la salute. Nei pazienti più piccoli o non collaboranti richiede la sedazione.
- Test genetici possono aiutare a scoprire se anomalie a carico di uno o più geni spiegano il quadro presentato dal paziente specifico
- Valutazioni neuropsicologiche servono a caratterizzare le aree di relativa forza e relativa debolezza nello sviluppo di un bambino e per esempio a evidenziare un deficit attentivo o di memoria, che frequentemente si osservano in caso di epilessia.
- Altre tecniche di imaging come, ad esempio, la tomografia a emissione di positroni (PET) possono essere utilizzate in casi specifici
La terapia dell’epilessia
Esistono diverse opzioni per trattare l’epilessia e la scelta migliore varia da caso a caso. Le principali terapie includono farmaci anticrisi, chirurgia resettiva, ablazione laser e impianto di dispositivi o terapie nutrizionali.
Farmaci
Esistono diversi tipi di farmaci anticrisi, tra i più comuni in età pediatrica troviamo per esempio fenobarbital, fenitoina, carbamazepina, acido valproico, levetiracetam, lamotrigina e la famiglia delle benzodiazepine.
Questi farmaci, oltre a proteggere dalle crisi, possono causare effetti collaterali, tra cui affaticamento, sonnolenza (i più comuni in assoluto), variazioni di peso, cambiamenti comportamentali, calcoli renali e rash cutanei. I farmaci anticrisi vanno assunti regolarmente senza saltare le dosi e spesso viene monitorato il loro livello nel sangue tramite prelievi periodici.
Chirurgia dell’epilessia
Le opzioni chirurgiche vengono esplorate quando i farmaci non controllano adeguatamente le crisi. In questi casi si parla di epilessia “farmacoresistente”, una condizione che si verifica nel 20% circa dei pazienti con epilessia. In questi casi si attua una complessa valutazione medica prima di decidere per un intervento chirurgico, inclusi imaging cerebrali avanzati e monitoraggio prolungato con EEG in ospedale. Talora si rende necessario il monitoraggio video EEG invasivo con elettrodi impiantati all’interno del cervello, una procedura nota come stereo-elettroencefalografia (SEEG). L’obiettivo è identificare la parte del cervello che causa le crisi e valutare se si identifica un’anomalia della corteccia cerebrale che possa essere rimossa in sicurezza senza causare più danni di quelli dovuti alle crisi. Per esempio, se le crisi vengono da un’area che controlla i movimenti, generalmente non si considera di rimuoverla chirurgicamente perché altrimenti si causerebbe una paralisi.
In alcuni casi, si può decidere di utilizzare il calore per distruggere l’area epilettogenica tramite laser mirato sotto guida di risonanza magnetica.
Dispositivi impiantabili
Per coloro che non sono candidati alla chirurgia, possono essere considerati dispositivi impiantabili, come lo stimolatore del nervo vago. Questo dispositivo viene impiantato sotto la clavicola sinistra e invia impulsi elettrici al nervo tramite fili sottili. Una parte dei pazienti osserva una riduzione della frequenza e della gravità delle crisi, anche se non una loro eliminazione completa.
Nutrizione
La terapia dietetica può essere una buona opzione per i bambini i cui farmaci non controllano le crisi o causano effetti collaterali troppo gravi. Già nel V Secolo a.C. Ippocrate descriveva gli effetti benefici del digiuno protratto in pazienti affetti dall’”invasamento divino”. Naturalmente, al giorno d’oggi non si ricorre più al digiuno, ma a specifiche diete, che sono da considerare a tutti gli effetti come presidi farmacologici. Vengono prescritte e monitorate da nutrizionisti che fanno parte del team di cure nei centri dell’epilessia. La dieta chetogenica, sebbene restrittiva e impegnativa, si è dimostrata efficace in specifiche forme di epilessia resistente ai farmaci. È una dieta che fornisce oltre il 90% delle calorie attraverso i grassi, escludendo i carboidrati. Come risultato il corpo umano produce corpi chetonici, che riducono l’attività epilettica nel cervello. Sono necessari integratori di vitamine e minerali, e gli effetti collaterali più comuni possono includere stitichezza, lividi e calcoli renali. La dieta modificata di Atkins è un’opzione meno restrittiva, con possibilità di introdurre piccole quantità di carboidrati, è più facile da seguire e può portare a risultati simili alla dieta chetogenica. Non c’è evidenza che altre diete, tra cui quella priva di glutine, abbiano un ruolo nella terapia dell’epilessia.
Le convulsioni febbrili
Le convulsioni febbrili sono un disturbo neurologico della prima infanzia relativamente frequente, che si verifica nel 2-4% dei bambini di età inferiore ai cinque anni, con un picco tra i 12 e i 18 mesi. Per definizione, questo tipo di crisi avvengono in bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni di età nel contesto di un’infezione intercorrente febbrile di qualunque natura. Uno dei patogeni più comunemente implicati è il virus HHV-6, che causa la Sesta Malattia. La familiarità è comune, con riscontro fino nel 20% dei pazienti di storia nei genitori o altri parenti di convulsioni febbrili. Le convulsioni febbrili semplici, definite come convulsioni generalizzate della durata inferiore a 15 minuti e che non si ripetono nell’arco di 24 ore, rappresentano la maggior parte dei casi. Sebbene si ripresentino in circa un terzo dei bambini durante la prima infanzia, sono un fenomeno benigno e sono associate a un rischio di epilessia futura simile a quello della popolazione generale. Le convulsioni febbrili che sono focali, prolungate o multiple entro le prime 24 ore sono definite complesse. Le convulsioni febbrili complesse costituiscono un gruppo più eterogeneo, associato a un rischio maggiore di recidiva durante la prima infanzia e a una probabilità più elevata di sviluppare epilessia in futuro.
Le convulsioni febbrili non richiedono terapia anticrisi giornaliera, ma a volte viene prescritta una benzodiazepina rettale o orale da usare in caso di crisi prolungate.
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