Dr.ssa Valentina Piccini, Dirigente Medico SOS DIABETOLOGIA Ospedale San Giuseppe, Empoli USL Toscana Centro
Il diabete mellito è una patologia ad elevata prevalenza e rappresenta un’importante sfida diagnostico terapeutica per il medico. Una diagnosi tempestiva ed un’accurata identificazione del tipo di diabete sono fondamentali per l’impostazione di una terapia efficace che permetta di ridurre il più possibile il rischio di complicanze
PAROLE CHIAVE: Diabete tipo 1, diabete tipo 2, diagnosi di diabete, classificazione del diabete, patogenesi del diabete,
Il termine Diabete Mellito si riferisce ad un gruppo eterogeneo di malattie che possono avere una presentazione clinica ed una storia naturale estremamente variabili; l’iperglicemia cronica è il denominatore comune e l’elemento patogenetico alla base nel determinismo dei danni che il diabete provoca nel tempo ad organi ed apparati.
CRITERI DIAGNOSTICI:
La diagnosi di diabete è apparentemente semplice, basandosi su limiti numerici definiti a livello internazionale (tabella 1). Tuttavia, spesso la mancanza di sintomi che possano indirizzare all’esecuzione di test ematici mirati porta a ritardi diagnostici che possono avere conseguenze sensibili in termini di insorgenza di danni d’organo . Da notare che, in assenza di segni e sintomi inequivocabilmente correlabili a diabete, la diagnosi deve essere confermata da almeno due valori glicemici alterati.
Oltre al diabete, sono stati poi identificati altri 3 stati di “disglicemia”, meritevoli di attenzione in quanto identificativi di soggetti a elevato rischio di diabete e malattie cardiovascolari (Tabella 2)
Tabella 1
Glucosio plasmatico a digiuno | ≥ 126 mg/dl |
Glucosio plasmatico 2 ore dopo il carico di glucosio (curva da carico con 75 gr di glucosio per os) | ≥ 200 mg/dl |
Emoglobina glicata (HbA1c) | ≥ 6,5% o 48 mmol/mol |
Glucosio plasmatico random, in presenza di segni e sintomi di diabete | ≥ 200 mg/dl |
Tabella 2
IFG (“impaired Fasting glucose =alterata glicemia a digiuno) | Glicemia a digiuno compresa tra 100 e 125 mg/dl |
IGT (“impaired glucose tolerance”= intolleranza al glucosio | Glucosio plasmatico 2 ore dopo il carico di glucosio compresa tra 140 e 199 mg/dl |
Alterazione dell’HbA1c | HbA1c compresa tra 6.00 e 6.49% o 42-47 mmol/mol |
CLASSIFICAZIONE:
Dopo avere effettuato la diagnosi corretta, e’ importante classificare adeguatamente il “tipo “ di diabete , operazione essenziale per la definizione del corretto percorso terapeutico ed assistenziale. Si definiscono 4 gruppi:
- Diabete tipo 1: causato da una distruzione su base autoimmune delle beta cellule pancreatiche che porta ad una carenza assoluta di produzione di insulina;
- Diabete tipo 2: dovuto ad una progressiva incapacità di mantenere un’adeguata secrezione insulinica rispetto alle necessità dell’organismo, che si stabilisce su un substrato di insulino resistenza;
- Tipi specifici di diabete: dovuti a cause specifiche, tra le quali:
- diabete monogenico (MODY), diabete neonatale
- diabete dovuto a malattie del pancreas esocrino (fibrosi cistica, pancreatite, emocromatosi, neoplasie pancreatiche)
- diabete indotto da farmaci (corticosteroidi, farmaci antiretrovirali, farmaci immunologici…)
- diabete correlato a altre endocrinopatie (m. di Cushing, acromegalia, feocromocitoma)
- Diabete gestazionale: condizione legata alla gravidanza
IL DIABETE TIPO 1:
Rappresenta il 5-10% delle forme di diabete.
Chiamato nel passato anche “diabete insulino dipendente” o “diabete giovanile”, è dovuto ad una distruzione selettiva, immunomediata, delle beta cellule pancreatiche che producono insulina. Insorge tipicamente nei bambini o nei giovani, ma può essere diagnosticato anche in età adulta (Diabete tipo LADA)
L’eziologia rimane poco chiara, ma è evidente una predisposizione genetica, legata all’ aplotipo HLA-DQ, sulla quale incidono fattori scatenanti ambientali, quali per esempio infezioni virali precoci (da rosolia o enterovirus). In pratica, individui geneticamente suscettibili incontrano un fattore scatenante ambientale, che avvia un processo autoimmune che porta alla formazione di autoanticorpi e all’attivazione di cellule T autoreattive in grado di distruggere le cellule beta del pancreas.
Gli autoanticorpi rappresentano un importante marker di malattia e sono presenti in circa l’85% dei soggetti con diabete tipo 1. Tra i più importanti: gli anticorpi antiGAD, gli anticorpi anti Insulina, gli anticorpi anti IA2 e gli anticorpi anti Zn8.
Il processo che porta allo sviluppo della malattia può essere diviso in 4 fasi:
- Predisposizione genetica, legata a specifici aplotipi HLA
- Esposizione a fattori ambientali che scatenano la risposta autoimmune, con produzione degli autoanticorpi e sviluppo di insulite con danno delle cellule beta (fase asintomatica in cui è già possibile la diagnosi)
- Perdita della cosiddetta Fase 1 di secrezione dell’insulina, responsabile della produzione dell’insulina basale ma anche della rapida risposta all’innalzamento glicemico post prandiale. E’ la fase di pre-diabete
- Iperglicemia sintomatica.
Fig 1 patogenesi del diabete tipo 1
Presentazione clinica: il diabete tipo 1 si manifesta in genere con sintomi e segni tipici dell’iperglicemia, quali poliuria, polidipsia e perdita di peso. Nel 42% dei casi la malattia esordisce con una forma di chetoacidosi acuta che può evolvere fino al coma.
Le persone con Diabete tipo 1 sono a maggior rischio di sviluppare altre patologie autoimmuni, quali le malattie della tiroide (ipo- e ipertiroidismo autoimmuni), la celiachia, la gastrite cronica atrofica, la vitiligine.
IL DIABETE TIPO 2:
Rappresenta l’85-90 % delle forme di diabete. La prevalenza mondiale di diabete tra le persone di età compresa tra i 20 e i 79 è stimata intorno all’8%, con un trend in rapida crescita: i nuovi casi di diabete mellito sono in costante aumento, con una velocità tale da indurre gli esperti a parlare di epidemia mondiale di diabete
Nel 2007 quasi 200 milioni di persone in tutto il mondo erano affette da diabete ma questo numero è destinato a raggiungere più di 300 milioni entro il 2025.
I fattori di rischio per diabete tipo 2 includono l’età, il sesso, la familiarità, l’etnia, l’obesità, la sedentarietà.
Eziologia e patogenesi: l’iperglicemia cronica è il risultato della combinazione tra ridotta secrezione insulinica e insulino resistenza, che si stabilisce in particolare a carico delle cellule di muscoli e fegato.
Individui geneticamente destinati a sviluppare diabete tipo 2 ereditano geni che rendono i lori tessuti resistenti all’azione dell’insulina. Nel fegato, ciò si traduce in una iperproduzione di glucosio, sia a digiuno che post prandiale, che non viene soppressa dall’iperinsulinemia.
Nel muscolo, l’insulino resistenza si manifesta con una riduzione dell’ingresso del glucosio nelle cellule muscolari stesse in fase post prandiale, determinando quindi un’iperglicemia post prandiale.
Sebbene via sia, come detto, una predisposizione genetica all’insulino resistenza, i fattori ambientali quali l‘obesità e l’inattività fisica, aggravano enormente questa condizione.
Le beta cellule del pancreas vengono quindi sottoposte ad uno stress per produrre più insulina, nel tentativo di superare l’insulino resistenza. Inizialmente, si ha una iperproduzione di insulina, per cui l’organismo è in grado di mantenere una normale tolleranza al glucosio. Con il passare del tempo, però, questa capacità viene meno, la concentrazione plasmatica di glucosio sale e si manifesta il diabete.
Quello appena descritto è il meccanismo patogenetico “classico” che spiega lo sviluppo del diabete tipo 2 e comprende tre attori principali: pancreas, muscolo, fegato (il cosiddetto “triumvirato”).
Negli anni, la patogenesi del diabete tipo 2 si è andata via via arricchendo di altri elementi, e attualmente gli attori implicati in questo processo sono ben otto (“l’infausto ottetto”): oltre a fegato, muscolo e pancreas, giocano un ruolo fondamentale:
-tessuto adiposo: gli adipociti sono resistenti all’azione antilipolitica dell’insulina; ciò comporta un’elevazione degli acidi grassi in circolo, che stimolano la gluconeogenesi, peggiorano l’insulino resistenza a carico di muscoli e fegato e alterano la secrezione insulinica (fenomeno della “lipotossicità”), con induzione di uno stato pro infiammatorio e pro aterogenetico;
-intestino tenue: attraverso la secrezione di ormoni con effetto incretinico, quali GLP-1 e GIP;
-alfa cellule pancreatiche, che iperproducono glucagone;
-rene: attraverso i co-trasportatori SGLT2, che risultano iperattivati nei diabetici;
-sistema nervoso centrale: attraverso una disregolazione dei neurotrasmettitori che porta ad un incremento dell’appetito e quindi dell’introduzione di cibo.
Fig.2: patogenesi del diabete tipo 2: l’infausto ottetto
Presentazione clinica: pur essendo possibile una presentazione con sintomatologia “classica” (poliuria, polidipsia e perdita di peso), spesso il diabete di tipo 2 è del tutto asintomatico e viene diagnosticato “casualmente” in corso di esami ematici eseguiti di routine. Raramente si può avere un esordio acuto con una sindrome iperglicemica iperosmolare, caratterizzata da elevati valori di glicemia con iperosmolarità plasmatica, causata solitamente da disidratazione per l’eccessiva poliuria. Tale condizione può determinare sintomi neurologici ingravescenti, fino al coma.
Screening per il diabete tipo 2: il diabete tipo 2 è sostanzialmente una malattia silente, per cui deve essere diagnosticata in modo proattivo: in presenza di fattori di rischio, lo screening per diabete mellito dovrebbe essere preso in considerazione in tutti gli adulti di ogni età in sovrappeso (BMI ≥25 o 23 negli asiatici) e nei bambini e adolescenti sovrappeso; senza fattori di rischio aggiuntivi in tutti gli adulti di età superiore ai 45 anni. Per lo screening possono essere utilizzati il dosaggio della glicemia a digiuno, dell’emoglobina glicata, o l’esecuzione della curva da carico.
LE COMPLICANZE DEL DIABETE
La lunga durata di malattia, lo scarso compenso metabolico e la presenza di comorbidità quali l’ipertensione arteriosa e la dislipidemia sono importanti determinanti dello sviluppo delle complicanze del diabete:
- complicanze microvascolari: retinopatia, nefropatia e neuropatia
- complicanze macrovascolari: malattia coronarica, cerebrovascolare o arteriosa periferica.
Il diabete è una delle principali cause di cecità e malattia renale allo stadio terminale e la principale causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori.
Tra le complicanze meno note del diabete troviamo:
- la depressione, due volte più frequente nei diabetici rispetto alla popolazione generale;
- il declino cognitivo e la demenza (rischio di 3 volte superiore di sviluppare demenza vascolare).;
- la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) che ha una prevalenza variabile dal 34 al 74% delle persone con diabete, e che tipicamente in queste persone presenta una gravità maggiore con maggiore probabilità di evoluzione a NASH, cirrosi e carcinoma epatocellulare.
CONCLUSIONI: il diabete è una malattia cronica complessa e multiforme, e la sua corretta gestione parte da una diagnosi puntuale, da un inquadramento clinico iniziale che preveda la valutazione della possibile presenza di danni d’organo e da una stratificazione del rischio cardio nefrovascolare, con conseguenti scelte terapeutiche mirate e personalizzate.