Cristiana Maria Baggiore, Direttore SOC Diabetologia – Osp. San Giovanni di Dio Firenze Azienda USL Toscana Centro
La lotta al diabete è riconosciuta come emergenza sanitaria mondiale. Gli italiani con diabete sono circa 4 milioni. Nella Regione Toscana i diabetici sono oggi il 6.1% della popolazione. L’integrazione fra Strutture Diabetologiche e Medicina Generale è elemento essenziale per continuare a garantire e migliorare i livelli qualitativi dell’assistenza diabetologica e gli outcome di salute così come previsto dal Piano Nazionale della Malattia Diabetica.
Parole chiave: Diabete Mellito, Obesità, rischio cardiovascolare, assistenza diabetologia.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, con il termine Diabete Mellito si intende un gruppo di disordini metabolici con diverse cause, che influenzano il metabolismo glucidico, lipidico e proteico La lotta al diabete è una delle tre emergenze sanitarie, insieme alla malaria e alla tubercolosi, identificate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ed è l’unica delle tre ad essere malattia non trasmissibile. Ad oggi nel mondo si stimano oltre 500 milioni di adulti con diabete, numero destinato ad aumentare a 640 milioni nel 2030. In Europa il diabete interessa circa 60 milioni di persone. Gli italiani con diabete sono circa 4 milioni, e si stima che un ulteriore milione abbia la malattia senza che essa sia mai stata diagnosticata. Nella Regione Toscana i diabetici , secondo i dati raccolti dall’Agenzia Regionale di Sanità e riferiti al 2022, sono 250.692, pari al 6.1% della popolazione ( figura 1). Il diabete è una malattia cronica che può causare serie complicanze, a livello di svariati organi ed apparati, in particolare cardio-cerebrovascolare e renale, ed incidere negativamente sul benessere della persona, condizionandone pesantemente la qualità di vita e abbreviandola in media di 6 anni.
Si distinguono due forme principali di Diabete, un diabete di Tipo 1, immuno-mediato, che rappresenta circa il 10% dei casi , e un diabete di Tipo 2 non immuno-mediato, prevalente nell’adulto, responsabile di circa il 90% dei casi. Si tratta fondamentalmente di due patologie distinte, in quanto i due tipi di diabete si differenziano per la diversa eziopatogenesi.
Nel Diabete Tipo 1 caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2ß. Il danno indotto nei confronti delle cellule che producono insulina e che ne provoca la progressiva distruzione, potrebbe essere legato a fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici, da inquinamento ambientale, infettivi ) oppure a fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri. Questa alterata risposta immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule ß, per cui l’insulina non può più essere prodotta. Sebbene possa fare la sua comparsa anche in età adulta, in genere si sviluppa nei bambini e nei giovani che dipenderanno dalla somministrazione di insulina esogena per la sopravvivenza.
Nel Diabete Tipo 2 sono la ridotta sensibilità e la resistenza periferica all’insulina oltre a una carenza relativa dello stesso ormone, ad essere all’origine della malattia. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: sovrappeso/obesità, scarsa attività fisica, familiarità per diabete e l’appartenenza ad alcune etnie.
Riguardo alla familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete.
Se il diabete di tipo 2 è in parte prevenibile modificando gli stili di vita dei soggetti a rischio, particolarmente per quel che riguarda nutrizione e l’attività fisica, il diabete di tipo 1 può essere difficilmente prevenuto in quanto sono ancora poco chiari i fattori di rischio che interagiscono con la predisposizione genetica scatenando la reazione autoimmunitaria.
Ad aumentare progressivamente nella popolazione è soprattutto il Diabete Tipo 2, come detto, fortemente legato all’ eccesso ponderale, alla iperalimentazione e alla scarsa attività fisica, ma anche alla struttura stessa della societa’, come il progressivo invecchiamento della popolazione.
Infatti, la distribuzione per età presenta un andamento crescente: varia dallo 0,8% tra le persone fino ai 44 anni, al 21,9% tra gli ultra 85enni; nel 68% dei casi i soggetti diabetici sono persone anziane (figura 2).
Anche i dati sulla diffusione di sovrappeso e obesità tra i più giovani, vanno attentamente considerati, in quanto è dimostrato che un bambino obeso ha maggiori probabilità di essere in eccesso ponderale anche da adulto, con il conseguente maggiore rischio di sviluppare le patologie correlate a tale condizione, il diabete Tipo 2 in particolare. Per quest’ultimo, infatti, i dati indicano come siano in progressivo aumento i casi insorti in giovane età.
Il diabete è una patologia rilevante soprattutto per le numerose complicanze micro e macrovascolari a cui le persone possono andare incontro nel tempo. Sul lungo termine, infatti, un insufficiente controllo della glicemia (iperglicemia cronica) può favorire la comparsa di complicanze.
Fra le complicanze microvascolari, la retinopatia diabetica rappresenta la maggiore causa di cecità fra gli adulti, la nefropatia diabetica è la principale causa di insufficienza renale cronica e dialisi, la neuropatia periferica può favorire l’insorgenza di lesioni al piede e la neuropatia autonomica può dare disturbi del ritmo cardiaco, della motilita’ gastrointestinale e vescicale.
Le persone affette da diabete presentano, inoltre, un rischio più elevato, fino a 4 volte, di complicanze macrovascolari (malattie cerebro e cardio-vascolari e arteriopatia periferica) rispetto alla popolazione non diabetica; la prognosi in termini di sopravvivenza e’ peggiore per i pazienti diabetici che sviluppano cardiopatia ischemica rispetto ai pazienti affetti da cardiopatia ischemica ma non diabetici.
Si calcola che un evento coronarico acuto rappresenti la causa di morte in più del 30% dei pazienti diabetici.
Da questi dati si evince facilmente come la complessitànella gestione del diabete rappresenti una sfida per l’intero ecosistema sanitario. Coinvolge molteplici professionisti nell’attività di diagnosi, monitoraggio e trattamento, e inoltre impegna risorse sempre più rilevanti per garantire l’accesso alle cure migliori e all’innovazione, nel rispetto dei principi di equità e uguaglianza. Secondo le stime, in Italia ogni paziente genera per i soli costi diretti un impatto economico per il Servizio Sanitario Nazionale pari a circa € 3.500 all’anno per un totale di circa 14 miliardi annui. A questi vanno aggiunti i costi indiretti che sono stati stimati essere di entità almeno pari ai costi diretti.
La rilevanza sociale oltre che sanitariadel diabete è stata sancita, in Italia, prima ancora che negli altri Paesi del mondo, dalla legge n. 115 del 1987(“Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito”).
Nel Piano Nazionale della Malattia Diabetica, elaborato nel 2012 dal Ministero della Salute, si ribadisce la funzione centrale svolta dei centri diabetologici in stretta collaborazione con la Medicina di Famiglia.
Il modello italiano, infatti, si basa su una rete capillare di centri ospedalieri e territoriali che sempre piu’ includono competenze multi-specialistiche e multi-professionali, diffusi su tutto il territorio nazionale, in costante dialogo con la Medicina Generale.
In generale, la bonta’ del modello italiano di assistenza alle persone con Diabete, si evidenzia con un progressivo e continuo miglioramento della qualità delle cure erogate nel nostro Paese e nella nostra Regione (Figure 3 e 4), aspetto particolarmente rilevante dal momento che gli standard e i parametri di riferimento utilizzati per la misurazione sono diventati molto più stringenti, in accordo con le linee guida internazionali.
Di particolare rilevanza il dato recente, ricavato dai data-base di oltre 300 centri specialistici diffusi su tutto il territorio Nazionale, sull’accesso ai farmaci innovativi, gli SGLT2i e GLP1-RA, dalla comprovata efficacia in termini di riduzione del rischio cardiovascolare e renale.
L’auspicio è che il modello organizzativo, mutuando gli aspetti virtuosi dell’esperienza clinico-assistenziale maturata negli anni – a partire dalla multi-professionalità e multidisciplinarieta’ garantita dal team diabetologico – sappia declinare questo stesso patrimonio di conoscenze e competenze in una chiave di maggiore prossimità e capillarità .
Una compiuta integrazione fra Strutture Diabetologiche e Medicina Generale all’interno di un sistema a rete, resa più facile e tempestiva anche grazie a una completa e diffusa utilizzazione degli strumenti di telemedicina, l’organizzazione e la corretta allocazione delle risorse umane e strutturali, sono elementi essenziali per continuare a garantire e migliorare i livelli qualitativi dell’assistenza diabetologica e gli outcome di salute così come previsto dal Piano Nazionale della Malattia Diabetica.
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Figura 4