All’età di 77 anni, dopo una lunga sofferenza il 4 novembre 2024 ci ha lasciato il dott. Renzo Corti. Laureatosi nel 1974 in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Firenze e poi specializzatosi in Pediatria e Puericultura oltre che in Infettivologia presso la stessa Università con il massimo dei voti e la lode, dopo un periodo di volontariato presso l’Ospedale Meyer, aveva iniziato la professione in un paesino vicino a Prato identificandosi più come “dottore dei bambini” che come pediatra. Si era fatto subito voler bene dalla popolazione perché come i medici di una volta, prendendosi cura di un bambino, entrava nel cuore della famiglia e mettendosi a sedere spiegava con parole semplici quello che si doveva o non si doveva fare perché chi gli veniva affidato crescesse bene e diventasse un adolescente prima e un adulto poi. Non aveva un carattere facile, ma da tutti era stimato per la sua serietà professionale e la sua generosità.
Come infettivologo aveva capito l’importanza della prevenzione non solo in termini di malattie infettive ma soprattutto di vaccini. Aveva portato il suo contributo in Convegni e Congressi anche internazionali sull’argomento e in particolare sulla vaccinazione contro il morbillo. Di particolare interesse alcuni suoi scritti sulla prevenzione comparsi negli anni ’80 dello scorso secolo sul quotidiano La Nazione. A questo scopo aveva scritto alcuni opuscoli “Insiemeperprevenire“, di facile lettura, a fumetti, per i genitori con l’intento di convincerli della importanza delle vaccinazioni, certo che il processo di diffusione della cultura della prevenzione fosse una delle grandi sfide degli anni ’90 dello ventesimo secolo.
Affascinato dalla Storia della Medicina, memorabili le sue agende in proposito e in particolare sugli strumenti scientifici di cui aveva raccolto una sorprendente collezione iniziata negli anni ’70 da un piccolo stetoscopio regalatogli per caso.
Nel 2019 la salute piuttosto che l’età, lo avevano costretto a lasciare la professione e il suo rammarico più
grande era stato quello di lasciare quel piccolo paese divenuto grande, dove tutto era iniziato.
Gabriella Bernini