Francesco Manetti, SOS Diabetologia e Malattie Metaboliche Ospedale S.M. Annunziata Azienda USL Centro Toscana
Tra le patologie croniche, il diabete ha un elevato tasso di diffusione, in Italia la diffusione di questa malattia è difatti notevolmente aumentata e le stime più recenti dimostrano che circa il 6 % della popolazione soffre di diabete per un totale di quasi 3,5 milioni di persone, di questi circa il 10% sono affetti da diabete mellito tipo 1 il restante 90% da diabete mellito tipo 2. Circa 6 pazienti con diabete su 10 sviluppano sindrome cardiorenale, la prima e più frequente manifestazione del DMT2 associata ad un aumentato rischio di mortalità per malattie cardio-cerebrovascolari. L’insorgenza della malattia renale cronica colpisce circa il 40% dei pazienti con diabete, una condizione che nel tempo può portare a dialisi o trapianto d’organo. La condizione patologica renale che si sviluppa dal diabete comporta una predisposizione maggiore verso lo sviluppo di patologie cardiache, confermando quindi che la patologia diabetica può attivare una serie di comorbidità a cascata che comportano elevati livelli di disabilità, costi incrementati per il sistema sanitario e aumento della mortalità. La terapia del diabete mellito tipo 1 si basa sull’utilizzo di schemi insulinici basal bolus rispetto a schemi con insuline premiscelate, utilizzando come insulina basale un analogo lento dell’insulina rispetto a insulina umana NPH e utilizzando come insulina prandiale un analogo rapido dell’insulina rispetto all’insulina umana regolare. Nella scelta dell’analogo lento sono da privilegiare gli analoghi lenti di seconda generazione quali insulina glargine U300 e insulina degludec per una migliore copertura delle 24 ore e per un profilo piatto con minor rischio di ipoglicemie sia nelle 24 ore sia notturne (1). In soggetti con diabete mellito di tipo 1 si suggerisce di offrire al paziente l’opzione di una terapia insulinica mediante microinfusore di insulina rispetto alla terapia insulinica multiniettiva per i vantaggi su variabilità glicemica, qualità di vita e soddisfazione per il trattamento. In soggetti con diabete mellito di tipo 1 scompensato e/o con ipoglicemie severe si raccomanda di utilizzare sistemi di monitoraggio in continuo real–time rispetto all’automonitoraggio glicemico capillare, viceversa in soggetti con diabete mellito di tipo 1 in buon controllo si suggerisce l’opzione di utilizzare sistemi di monitoraggio intermittente del glucosio (FGM, Flash Glucose Monitoring) rispetto ai sistemi di autocontrollo capillare della glicemia. In soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1 viene suggerito di praticare attività fisica esclusivamente aerobica o contro resistenza, insieme ad un adeguato regime dietetico finalizzati al raggiungimento di un controllo glicemico intensivo, con obiettivo di emoglobina glicata compresa tra 48 e 53 mmol/mol (6.5%-7.0%), al fine di ridurre il rischio di complicanze microangiopatiche, di malattia cardiovascolare e di ipoglicemia.
Per il trattamento del paziente affetto da diabete mellito tipo 2 che necessita di terapia insulinica basal bolus valgono le stesse considerazioni dei pazienti con diabete tipo 1 riguardo l’utilizzo di analoghi rapidi e lenti di insulina.
La terapia del diabete mellito tipo 2 è profondamente cambiata negli ultimi anni, grazie alle evidenze dei benefici in termini di protezione cardiovascolare, dimostrati nei trials di sicurezza cardiovascolare per l’immissione in commercio dei farmaci più recenti. Nel luglio 2021 sono state pubblicate le Linee guida della Società Italiana di Diabetologia e dell’Associazione dei Medici Diabetologi (con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità) per “La terapia del diabete mellito tipo 2” (2). Per la prima volta, per elaborare le nuove linee guida, gli esperti delle due società scientifiche SID e AMD hanno utilizzato il metodo GRADE, una complessa procedura che mira a ridurre al minimo l’influenza di opinioni personali, ragionamenti deduttivi e preferenze individuali, portando gli estensori della linea guida ad attenersi alle evidenze derivanti da studi clinici di buona qualità (preferibilmente trial randomizzati). Le nuove Linee Guida presentano alcune novità, per la terapia del diabete mellito di tipo 2, rispetto alle edizioni precedenti delle Linee guida italiane (Standard di Cura del Diabete Mellito, 2018). Molto più sintetiche nel formato, le nuove raccomandazioni sulla terapia del diabete mellito di tipo 2 sono soltanto 18 (contro le 75 sullo stesso argomento contenute negli Standard di cura del 2018). In queste Linee Guida vengono consigliati i target di Hb glicata da raggiungere differenziando in pazienti con diabete di tipo 2 trattati con farmaci associati ad ipoglicemia nei quali è consigliato raggiungere un target di HbA1c tra 49 mmol/mol (6.6%) e 58 mmol/mol (7.5%), dai pazienti trattati con farmaci non associati ad ipoglicemia e in questi casi viene raccomandato un target di HbA1c inferiore a 53 mmol/mol (7%). Valori ancora più ambiziosi con target di HbA1c inferiore o uguale a 48 mmol/mol (6.5%) in pazienti con diabete di tipo 2 trattati con farmaci non associati ad ipoglicemia esenti da comorbilità. Per il paziente affetto da diabete mellito tipo 2 è basilare l’adozione di uno stile di vita corretto, con una terapia nutrizionale bilanciata (dieta Mediterranea), piuttosto che a basso contenuto di carboidrati, che preveda l’uso prevalente di alimenti a basso indice glicemico rispetto a quelli ad alto indice glicemico. Vengono perciò sconsigliate le diete ipoglicidiche (le cosiddette ‘low-carb’) e quelle chetogeniche, nella terapia a lungo termine del diabete di tipo 2. Questo perché con le diete ‘low-carb’ e le chetogeniche gli effetti a medio e lungo termine sul compenso glicemico risultano peggiori rispetto alle diete bilanciate, di tipo ‘mediterraneo’. Fondamentale l’esercizio fisico regolare. Restando ferme le indicazioni sull’importanza dell’attività fisica ‘mista’ (aerobica e anaerobica), che va preferita a quella o solo aerobica o solo anaerobica, scompaiono le ‘soglie’ di attività fisica. Non viene più indicata insomma una soglia minima di attività fisica, che viene sostituita dall’indicazione: ‘fare più attività fisica possibile”.
Le novità più importanti sono però le indicazioni farmacologiche. La più rilevante è senz’altro la “scomparsa” dell’utilizzo di sulfaniluree e glinidi, legata al rischio di ipoglicemia provocato da questi medicinali, soprattutto nel paziente anziano con insufficienza renale e all’elevato rischio cardiovascolare emerso dagli studi di confronto con i nuovi farmaci (3). Viene dunque raccomandato di non prescrivere queste molecole alle persone con diabete che non ne facciano già uso e di procedere alla loro progressiva sostituzione in chi fosse già in trattamento con questi farmaci. La seconda caratteristica distintiva delle Linee guida 2021 è che, contrariamente ad altre linee guida internazionali che hanno mostrato da subito un ‘innamoramento’ per le molecole più recenti, le linee guida SID-AMD continuano a riservare un ruolo centrale alla metformina. E non potrebbe essere altrimenti: gli studi analizzati confermano che si tratta di un farmaco efficace e conveniente, in termini di rischio/beneficio, con numerosi effetti benefici anche extraglicemici. Ma naturalmente anche le linee guida italiane SID-AMD 2021 recepiscono le evidenze prodotte dagli studi clinici sui benefici cardio-vascolari di alcune classi di farmaci come gli SGLT2 inibitori e i GLP-1 agonisti, che vengono dunque poste in una posizione importante all’interno degli algoritmi terapeutici. Questi farmaci vanno considerati in seconda linea, dopo la metformina, nei pazienti senza malattie cardiovascolari note, mentre vanno prescritti già in prima linea nei pazienti a rischio o con patologie cardiovascolari o renali. Nel febbraio 2023 è stato pubblicato un aggiornamento delle Linee Guida SID-AMD ISS per “La terapia del diabete mellito tipo 2” (4). In questa nuova versione i soggetti affetti da diabete mellito tipo 2 sono raggruppabili in quattro sottogruppi (Tabella 1). Nei pazienti senza pregressi eventi cardiovascolari e con eGFR>60 ml/min viene raccomandato l’uso di metformina come farmaco di prima scelta per il trattamento a lungo termine, SGLT-2i, GLP-1 RA sono raccomandati come farmaci di seconda scelta. DPP-4i, acarbosio, pioglitazone ed insulina dovrebbero essere considerati farmaci di terza scelta. In pazienti con diabete di tipo 2 con eGFR < 60 ml/min e senza pregressi eventi cardiovascolari o scompenso cardiaco viene suggerito l’uso di metformina e SGLT2 inibitori come farmaci di prima scelta per il trattamento a lungo termine, gli agonisti GLP-1 RA sono raccomandati come farmaci di seconda scelta. Pioglitazone, DPP-4i, acarbosio ed insulina dovrebbero essere considerati farmaci di terza scelta. Nei pazienti con diabete di tipo 2 con pregressi eventi cardiovascolari e senza scompenso cardiaco viene raccomandato l’uso di metformina, SGLT-2i e/o GLP-1 RA come farmaci di prima scelta per il trattamento a lungo termine. Pioglitazone, DPP-4i, acarbosio ed insulina dovrebbero essere considerati farmaci di seconda scelta. Infine nel paziente con scompenso cardiaco diventa la prima scelta l’uso degli inibitori di SGLT-2 per il trattamento a lungo termine. Gli analoghi recettoriali di GLP-1 e metformina dovrebbero essere considerati come farmaci di seconda scelta, mentre gli DPP-4i, acarbosio ed insulina come farmaci di terza scelta.
Tabella 1