Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo del dottor Giovanni Zaccherotti, Direttore F.F. S.O.C. Ortopedia e Traumatologia Ospedale SS. Cosma e Damiano, Pescia (Asl Toscana Centro), in cui si affronta la tematica estremamente importante dell’appropriatezza delle richieste di esami diagnostici in caso di gonalgia.
Nei Paesi industrializzati la vita media della popolazione sta gradualmente aumentando mettendo sotto pressione i vari sistemi sanitari nazionali. Se questi Paesi vogliono soddisfare la domanda di assistenza, le risorse devono essere utilizzate in maniera estremamente oculata. Ciò include la limitazione di esami di diagnostica strumentale di secondo livello inappropriati quali la RM e/o la TC che sono estremamente costosi e di esecuzione complessa.
L’artrosi, in particolare del ginocchio, è comune e si prevede che aumenterà progressivamente nei prossimi anni. Circa il 13% delle donne e il 10% degli uomini di età pari o superiore a 60 anni soffrono di artrosi sintomatica del ginocchio. Secondo uno studio epidemiologico recente, in un anno, il 25% delle persone di età superiore a 55 anni sperimenta un episodio di gonalgia persistente e nel 17% dei casi ricorre ad assistenza medica.
La RM del ginocchio è uno studio di imaging medico comunemente utilizzato ma risulta inappropriato nei pazienti con artrosi, soprattutto se moderata o grave. Ad esempio, la letteratura supporta il fatto che la valutazione preoperatoria della patologia meniscale o legamentosa, ruolo primario della RM del ginocchio, in presenza di gonartrosi è inutile poiché la gestione chirurgica di queste strutture non verrebbe mai presa in considerazione. Una radiografia eseguita sotto carico rimane l’unico, essenziale e predittivo esame strumentale per la diagnosi e per la pianificazione del trattamento conservativo e/o chirurgico di questa patologia.
Già il decreto del Ministero della Salute del 09.12.2015 aveva identificato le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva per circa duecento prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell’ambito del SSN (“Decreto appropriatezza”). In particolare, erano stati definiti criteri ben precisi per gli esami a più alto rischio di inappropriatezza coniugando il motivo clinico con la relativa e adeguata tempistica con la quale le stesse dovevano essere assicurate. Tale decreto prevedeva che le prestazioni prescritte al di fuori dalle condizioni di erogabilità, non potendo essere a carico dell’SSN, fossero poste a totale onere del paziente e con possibili sanzioni per i prescrittori non aderenti a queste indicazioni, ponendo tale disposizione tra le misure di contenimento della spesa sanitaria. Sono ormai trascorsi circa nove anni dal decreto “appropriatezza”. Purtroppo, è esperienza giornaliera la constatazione di pazienti che si presentano alla valutazione ortopedica con un evidente quadro clinico e radiografico di artrosi e con un’inutile RM.
In Letteratura sono pochi gli studi che valutano strategie per ridurre la richiesta inappropriata di studi quali la RM ma tutti gli autori concordano che il rischio di inappropriatezza diminuisce mettendo in atto interventi di istruzione. Per ridurre le richieste di studi inutili, è auspicabile che vengano creati degli specifici percorsi diagnostici e terapeutici da porre in essere all’interno della rete sanitaria nazionale e/o regionale che specifichino criteri rigorosi tali da giustificare la richiesta di questi esami (“Linee guida”). A tal fine è necessario prendere atto della relazione tra l’incidenza di richiesta di RM del ginocchio tra operatori con diversi livelli di formazione ormai ben sottolineata in letteratura. Bernstein et al. hanno rilevato che il 45% delle RM del ginocchio richieste da medici non specialisti in ortopedia erano normali, rispetto al 27% degli esami richiesti da chirurghi ortopedici. Questi risultati suggeriscono, inoltre, che i medici non ortopedici utilizzano con maggiore frequenza la RM per la diagnosi di gonartrosi rispetto ai chirurghi ortopedici .
Pertanto risulta chiaro che un nuovo approccio su base educazionale potrebbe risultare molto più efficace di quello sanzionatorio sia per il medico che per il paziente. L’implementazione della conoscenza avrebbe lo scopo di governare il livello di correttezza della domanda, agendo sul prescrittore, per ridurre la componente non necessaria o inappropriata, verosimilmente riconducibile a una serie articolata di fattori. Tra questi si includono: l’eccesso di domanda esercitata dal paziente, l’atteggiamento prescrittivo del medico spinto spesso dalle esigenze di difesa (medicina difensiva), le richieste degli specialisti e l’insufficiente aggiornamento scientifico indipendente.
La riduzione della richiesta inappropriata permetterebbe un chiaro abbattimento delle liste di attesa per gli esami strumentali di secondo livello facendo respirare i nostri servizi di radiologia così oberati di richieste.