Intervista al Prof. Massimo Martelloni, Consigliere Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Firenze
Come valuta la legge regionale sul fine vita?
E’ una legge che non riguarda il fine vita, che caratterizza solitamente il periodo nel quale il paziente ha aspettative di vita ridotte, ma l’attuazione dei doveri di solidarietà che il Servizio sanitario regionale toscano è chiamato a garantire nel rispetto della libertà decisionale della persona assistita e all’interno di un mandato di tutela universalistica che è a carico del SSN in determinate condizioni estreme di salute.
In altre parole questa legge, che si intitola “Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024”, prende atto che già alcune Aziende Sanitarie Toscane hanno regolamentato la materia della morte volontaria medicalmente assistita mediante delibere aziendali e che quindi era necessario coordinare l’applicazione delle sentenze con un dettato legislativo regionale che garantisse l’omogeneità della applicazione delle due sentenze e mettesse a disposizione della persona assistita i mezzi per poter mettere fine alle proprie sofferenze, persona assistita individuata nei limiti delle indicazioni della Corte Costituzionale, relativamente ai requisiti emergenti:
-irreversibilità della patologia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli”, requisiti che comunque devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale, con le modalità procedurali stabilite nelle due sentenze.
Il mandato imperativo della legge è non abbandonare il paziente, garantirne l’autodeterminazione, rispettarne la dignità. E’ inoltre garantita dalla norma la costituzione di una Commissione multidisciplinare permanente pubblica che verifichi la sussistenza dei requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito nonché per la verifica o definizione delle relative modalità di attuazione e che agisca in assenza di conflitti di interesse, e la costituzione di un Comitato per l’etica nella clinica, il quale agirà sia esaminando la richiesta di assistenza della persona assistita sia esaminando il parere della Commissione multidisciplinare, cooperando alla costruzione, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale, della “cintura protettiva intorno a queste persona particolarmente vulnerabili”, agendo anche mediante colloqui col paziente, con la famiglia, con i soggetti conviventi indicati ed esprimendo un parere obbligatorio, ma non vincolante, adeguatamente motivato per iscritto ed allegato alla relazione conclusiva della Commissione multidisciplinare. In conclusione la legge regionale approvata è una buona legge.
Perché è favorevole?
La legge regionale toscana indica solo le modalità organizzative per l’attuazione di quanto disposto dalle sentenze della Corte costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135 relative al suicidio medicalmente assistito”. Nelle sentenze della Corte Costituzionale non si introduce alcun diritto al suicidio assistito. Nelle stesse si bilancia il diritto alla vita ed alla autodeterminazione, valorizzando l’inalienabile dignità decisionale di cui ogni vita è portatrice, pur nei limiti previsti dalla Corte Costituzionale. La legge regionale toscana non modifica pertanto le indicazioni della Corte, ma ne regolamenta, l’attuazione rendendole sostenibili da parte del sistema sanitario, non facendo mancare, al di là dei dovuti pareri della Commissione multidisciplinare e del Comitato per l’Etica nella clinica, l’aiuto concreto al morire.
Le Sentenze della Corte Costituzionale costituiscono sempre il faro di riferimento. Infatti nella norma nell’art. 4 bis, dedicata alla rilevazione dei requisiti, “la Commissione verifica in via preliminare che il richiedente abbia ricevuto una informazione chiara e adeguata sulla possibilità di accedere ad un percorso di cure palliative. Il richiedente è altresì informato del suo diritto di rifiutare o revocare il consenso a qualsiasi trattamento sanitario, anche di sostegno vitale, e della possibilità di ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua ai sensi della l. 219/2017”. Solo quando il richiedente “conferma la volontà di accedere al suicidio medicalmente assistito la Commissione procede alla verifica dei requisiti. L’equilibrio della norma attuativa è quindi senza dubbio alcuno prudente. La funzione terza ed indipendente, poi, e priva di conflitti di interessi sia per la Commissione e sia per il Comitato per l’Etica nella clinica pubblici costituisce la garanzia ulteriore per il paziente tesa ad evitare il rischio di una morte prematura o eventuali abusi in danno di persone assistite vulnerabili. Questo è il motivo di un parere favorevole.
Come si affronta, il tema delicatissimo del fine vita, dal punto di vista medico?
Il tema delicatissimo non è quello del fine vita, ma quello ben diverso del suicidio assistito. I medici da sempre condividono nel Codice di Deontologia le regole morali condivise che guidano l’intera categoria, realizzando in pieno nell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri la funzione costituzionale di contropotere terzo ed indipendente, una funzione morale che portò alla chiusura dell’Ordine nel 1935. I medici hanno compiuto in ambito etico un lungo percorso che li ha portati da una posizione
paternalista, dove il paziente affidava il proprio bene salute al medico, al punto di arrivo della medicina condivisa dove la salute non costituisce più solo un necessario diritto sociale, ma assurge
a diritto di libertà sotto la guida degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione Italiana. Rileggere negli atti della Costituente le modalità della nascita di tali articoli fa comprendere come si siano accolti anche in Italia i principi del Codice di Norimberga, principi che sono entrati a far parte del Codice di Deontologia Medica, che ha realizzato negli anni ’90 quella ulteriore crescita culturale bioetica che è stata accolta pienamente nella Legge 219/2017,”Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
Il CDM ha ispirato infatti vasti contenuti della Legge 219/2017 tramite gli articoli del CDM come:
l’art. 33 Informazione e comunicazione con la persona assistita, l’art. 34 Informazione e comunicazione a terzi, l’art. 35 Consenso e dissenso informato, l’art. 36 Assistenza di urgenza e di
emergenza, l’art. 37 10 Consenso o dissenso del rappresentante legale, l’art. 38 Dichiarazioni anticipate di trattamento, l’art. 39 Assistenza al paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di coscienza anche in materia di fine vita, valorizzando tra le altre la funzione delle cure palliative.
La Sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 trova la sua forza nella valorizzazione della autodeterminazione della persona assistita, come da Legge 219/2017, dando chiare indicazioni sulla
incostituzionalità, per determinate condizioni di salute, in merito all’art. 580 del Codice Penale in
materia di agevolazione del suicidio. Tale Sentenza ha pertanto trovato un terreno già fecondo nel Codice di Deontologia che ne ha accolto i principi il 6 febbraio 2020.
Fino al 2019 il Codice di Deontologia Medica recitava:
– Art. 17 “Atti finalizzati a provocare la morte”: Il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte.”
La riflessione ampia realizzata in piena pandemia portava la FNOM a dare chiari indirizzi applicativi chiarificatori in materia come segue:
“Indirizzi Applicativi Allegati all’art. 17 e correlati ai sensi della Sentenza 242/19 della Corte Costituzionale.
La libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (sentenza 242/19 della Corte Costituzionale e relative procedure), va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”.
La scelta pertanto libera e consapevole del paziente di accelerare un processo di morte percepito e
considerato come gravemente penoso, presenti i requisiti indicati dalla Corte, laddove si concretizzi
in “aiuto medico a morire”, comporta per il medico e per il personale sanitario una importante scelta morale, tanto che la Legge Regionale Toscana richiama la individuazione dei membri previsti della Commissione su base volontaria, come è su base volontaria il supporto tecnico ovvero “l’assistenza sanitaria per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco autorizzato”. Il limite invalicabile dell’art. 17 del CDM non è superato dalla legge toscana che cammina in accordo con la Sentenza della Corte Costituzionale in merito all’aiuto al morire nei limiti indicati e col supporto tecnico che agevola l’autosomministrazione.
In conclusione le attività svolte, nei limiti delle Sentenze della Corte Costituzionale e della Legge Regionale Toscana, dai Comitati per l’Etica Clinica e dalle Commissioni multidisciplinari non sono
punibili né in sede penale, né disciplinare. Quello che, però, resta alla fine di queste riflessioni è la capacità di comprendere che la scienza ci illumina, ma che solo la comprensione della sofferenza può ricordarci la nostra umanità.