Il superamento definitivo del tetto alla spesa del personale, un piano straordinario di assunzioni e incentivi, che possano rendere il Servizio sanitario nazionale attrattivo, possono costituire un passo decisivo per la riduzione delle liste di attesa.
E’ quanto ha spiegato la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo) durante l’audizione in Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, relativamente al decreto-legge, 7 giugno 2024, su misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie.
Il problema delle liste di attesa, così come quello della carenza di personale medico e del finanziamento del fondo sanitario nazionale, sono questioni che affliggono la sanità pubblica da venti anni. Pertanto i medici condividono l’impegno del Governo a realizzare un provvedimento e un intervento sul monitoraggio delle liste d’attesa per comprendere attraverso l’agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali il numero delle prestazioni necessarie rispetto a quelle prescritte e a quelle che non vengono effettuate.
In particolare, importante è la disposizione che prevede l’aumento delle assunzioni del 15% rispetto alla spesa che le Regioni hanno fatto nel 2023 e che, dal 2025, introduce una nuova rideterminazione del numero del personale necessario. L’articolo 5 del decreto prevede, dunque, il superamento del tetto di spesa per le assunzioni a partire dal 2025, con l’obiettivo di consentire la massima operatività delle strutture. E’ un buon segnale anche la defiscalizzazione delle prestazioni aggiuntive che i medici potranno effettuare per il controllo delle liste d’attesa, con un abbattimento al 15% della contribuzione rispetto al 43% attuale. Ma per rendere efficace tale disposizione, bisogna introdurre una deroga all’art. 89, comma 4, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’area sanità triennio 2019-2021.
La Fnomceo ha manifestato amarezza per le prese di posizione sulla libera professione intramuraria dei medici ospedalieri, vista come un alibi per disorganizzazioni e malfunzionamenti e come un’attività volta ad occupare spazi destinati alle cure pubbliche. Non è certo l’attività intramuraria del medico ospedaliero la causa delle liste di attesa! Viene eseguita dal medico sempre al di fuori dell’orario di servizio, in un tempo che il professionista sottrae non ai suoi impegni istituzionali, ma alla sua vita privata, per dare una risposta di fiducia clinica ai pazienti che intendono rivolgersi proprio a lui. I dati statistici dimostrano che l’attività istituzionale è ampiamente prevalente su quella libero-professionale intramuraria sia per numero di medici che la praticano sia per numero di prestazioni. A parere della Federazione occorrerebbe escludere la previsione della sospensione dell’attività libero-professionale che significherebbe negare assistenza. Infatti, la sospensione dell’intramoenia individuale avrebbe l’effetto di indurre i cittadini a rivolgersi alla sanità privata, depotenziando il servizio sanitario nazionale.
La Federazione solleva poi perplessità sul campo di applicazione dell’art.2, che istituisce in seno al Ministero della salute l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria dotato del potere di accedere, a fini ispettivi, a una serie di strutture sanitarie. Secondo i medici, il richiamo ai Nas dei Carabinieri è già sufficiente e attribuire, invece, a personale amministrativo funzioni di polizia giudiziaria per mettere nel mirino eventuali responsabilità dei professionisti rappresenta un punto di non ritorno.
Fondamentale è la necessità di investire sui professionisti. È solo puntando su medici, infermieri, operatori socio-sanitari che è possibile affrontare in maniera efficiente il tema delle liste d’attesa. Occorre migliorare l’attrattività del sistema per arginare la fuga dei medici, promuovere la professionalità dei medici che possiedono competenze esclusive per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini.
Puntare sul Servizio sanitario nazionale conviene. E non solo nel senso che fa bene alla salute delle persone: è un investimento redditizio per l’azienda Italia. Investire sulla spesa sanitaria pubblica è una spinta all’intera economia del Paese. La Federazione ha, perciò, chiesto a Governo e Parlamento di aumentare il finanziamento del fondo sanitario nazionale, sia in termini assoluti che in rapporto al Pil in maniera consistente e stabile, così da allinearlo alla media dei paesi europei e potenziando il ruolo e la funzione delle figure professionali in ambito sanitario, a partire da quella medica. Va cambiato il modello di lavoro e rafforzata la medicina territoriale, sostenendo i medici di medicina generale con équipe multiprofessionali e strumenti per la diagnostica.
Non si può prescindere da una forte valorizzazione dei professionisti della sanità con il definitivo superamento dei tetti relativi alla spesa per il personale e al salario accessorio, il rilancio e lo sviluppo dell’assistenza territoriale e della rete ospedaliera. Così come l’altra sfida deve essere quella della capillarità del sistema sanitario per portare l’assistenza vicina ai cittadini, inclusi quei 4,5 milioni che oggi rinunciano alle cure.