Antonio Panti
I mass media hanno dato grande risalto alla conclusione dell’inchiesta di Bergamo sulla ritardata chiusura della Val Seriana nei primissimi giorni dell’epidemia da covid. Il PM ha inviato avviso di garanzia al Presidente del Consiglio e al Ministro della Salute, al Presidente della Lombardia e a molti altri tra cui il presidente del CSS e dell’ISS, entrambi medici. L’accusa è di epidemia colposa e di omissione d’atti d’ufficio.
Ammesso e non concesso che il procedimento vada avanti, tra circa sei anni ne sapremo la conclusione, quando i protagonisti saranno chi sa dove e quei fatti non interesseranno nessuno e altre pandemie affliggeranno il mondo. Ma ora lo scandalo c’è e, anche se nulla aggiunge alla verità e alla giustizia, dà sfogo alla consueta beceraggine politica.
Una considerazione sta a monte di qualsiasi valutazione in punta di diritto: in questo paese si è perso il senso del limite tra competenze del governo e della magistratura, confine che è un cardine della democrazia. Nei paesi democratici il Governo non esercita la giustizia, affidata a liberi magistrati, ma c’è un ambito politico sottoposto soltanto al giudizio dei cittadini che si esprime col voto.
Non vi è dubbio che allo scoppio dell’epidemia le notizie fossero scarse e le conoscenze incerte. Un morbo nuovo che non si sapeva come combattere anche perché non ancora ben individuato. Bisognava prendere decisioni urgenti in mezzo a mille contraddizioni e contrapposizioni. Ricordiamo le pressioni per non danneggiare la produzione e il mercato, le diverse scelte dei paesi vicini.
Chi non ricorda le violente polemiche contro il lockdown lesivo della libertà individuale? Alcune forze politiche allora all’opposizione denunziarono la “dittatura sanitaria”. Oggi la procura accusa il ritardo nella creazione della zona rossa, cioè di aver troppo atteso nel limitare la libertà dei cittadini. Mettiamoci d’accordo!
I medici poi che c’entrano? I medici sono consulenti, non decidono nulla; hanno dato informazioni volutamente false? Nessuno ha diffuso il virus, l’epidemia colposa sembra una fantasia, tutti hanno lamentato ritardi e disagi, mancava tutto comprese le mascherine, ma, anche se il piano pandemico fosse stato compulsato ogni giorno, il servizio sanitario è in crisi economica da tempo.
I dati internazionali dimostrano che l’Italia ha affrontato la pandemia non peggio di altri paesi, anzi alcuni risultati, quali il tasso di vaccinazione, sono tra i migliori del mondo. A quanto si sa in nessun paese la magistratura è intervenuta così apertamente. Il reato si compie allorché si infrange una norma scritta, altrimenti si hanno solo responsabilità politiche. Decidere di chiudere militarmente una parte del paese non può essere valutato sul piano dell’omissione d’atti d’ufficio perché non esiste una norma penale che la regoli.
Sul piano tecnico scientifico è apparso su QS del 07/03/23 un ottimo articolo del Prof. Donato Greco, già dirigente del MinSal, che spiega, con dovizia di argomentazioni, la vacuità di questo esercizio giudiziario, ma le conclusioni sul piano professionale sono semplici: l’inchiesta della magistratura non porterà ad alcuna conseguenza pratica ma, a causa della confusione provocata e delle reazioni di parte, impedirà di attuare l’unico intervento serio, un’inchiesta tra pari condotta da esperti indipendenti, per individuare eventuali errori e impreparazioni.
Questa sarebbe stata la vera difesa della popolazione. E quando si parla di preparedness e del contributo degli esperti ci si riferisce a precise procedure: esaminare quel che è successo per correggere gli errori. Confondere il rischio clinico con la colpa professionale e sottoporre il tutto al penale è questo il vero reato di omissione nei confronti della sicurezza della gente.
Queste invasioni di campo danno l’idea di quanto siano ancora lontane la scienza e il diritto. Due logiche che debbono imparare a colloquiare e a confrontarsi e non possono essere abbandonate al protagonismo di qualche magistrato.
Antonio Panti