Intervista a Paolo Bonanni, professore ordinario di Igiene dell’Università degli Studi di Firenze
Epidemia di pertosse nel Regno Unito, diffusione di Dengue e Vaiolo delle scimmie: ci sono altri rischi di nuove epidemie internazionali?
C’è stato un tempo, anni ‘60 del secolo scorso, in cui alcuni scienziati pensavano che le malattie infettive sarebbero diventate in breve tempo un ricordo del passato grazie ai progressi della medicina. Si trattava, purtroppo, di una previsione completamente errata, e la domanda, se ce ne fosse ancora bisogno dopo la tragica esperienza del Covid, delinea solo alcune delle malattie emergenti in questi ultimi mesi.
Intanto la Pertosse. Non solo nel Regno Unito, ma c’è stata una recrudescenza internazionale della malattia (Italia inclusa). Oltre 10.000 casi notificati nel Regno Unito da gennaio ad agosto, in Italia più di 100 ricoveri nei primi 5 mesi dell’anno (+800% rispetto al 2021/2022), 3 bimbi morti (tutti di età inferiore ai 3 mesi). Le ragioni sono molteplici. La pertosse (infezione e conseguentemente vaccino) non genera un’immunità permanente, per cui dopo 4-12 anni dall’immunizzazione (in funzione della responsività individuale) si torna ad essere suscettibili. Non è poi un caso se, dopo un cospicuo periodo di distanziamento ed uso intensivo di mascherine in pandemia, il ritorno alla suscettibilità a distanza di pochi anni, combinato con il debito immunologico da mancata circolazione del batterio, abbiano scatenato il ritorno di questa malattia un po’ ovunque. Questa epidemia sottolinea ancora una volta l’importanza della vaccinazione in gravidanza (idealmente tra la 27° e la 36° settimana di gestazione), sulla quale non abbiamo dati di copertura certi, ma che comunque è ben sotto il 50%. E’ necessario che tutti gli operatori sanitari conoscano l’importanza delle vaccinazioni in gravidanza (non solo pertosse, ma anche influenza, Covid e virus respiratorio sinciziale, quest’ultima di complemento agli anticorpi monoclonali nel neonato) e le consiglino fortemente come veri presidi salvavita.
La Dengue. E’ l’infezione emergente in tutto il mondo, con una particolare diffusione nell’America del Sud, e la sua espansione dalle aree tropicali a quelle temperate è la conseguenza del riscaldamento globale, e della connessa diffusione delle zanzare del genere Aedes (Aedes egypti, non presente in Italia, e Aedes albopictus o zanzara tigre). Ne consegue che sono sempre più frequenti i casi di importazione in viaggiatori di ritorno da aree iper-endemiche, ma anche sempre più vediamo epidemie autoctone, in persone che non avevano viaggiato di recente. Da gennaio 2024 sono 412 i casi di Dengue notificati in Italia, di cui 2 autoctoni. Lo scorso anno erano stati in tutto 82 i casi autoctoni in tre diversi cluster tra loro distanti. E non va dimenticato che le stesse zanzare trasmettono anche i virus Zika (6 casi di importazione) e Chikungunya (12 casi di importazione) da inizio anno. E’ chiaro, quindi, come sia necessario sorvegliare la situazione, contribuire tutti alla lotta contro i vettori, pensare a queste infezioni in presenza di sintomi suggestivi, e mettere in atto tutti i comportamenti suggeriti per evitare l’esposizione al rischio. Abbiamo poi disponibili, o alla vista, vaccini (contro Dengue e Chikungunya), di cui dovremo discutere a breve l’utilizzo ottimale.
Mpox (o vaiolo delle scimmie). E’ tornato di attualità recentemente (dopo la diffusione iniziata un paio di anni fa, soprattutto in soggetti a rischio per esposizione sessuale promiscua), anche perché ha iniziato a circolare un nuovo ceppo (clade 1b), partito dalla Repubblica Democratica del Congo, che trova nella trasmissione sessuale ancora una volta la principale modalità di diffusione, ma si è dimostrato capace di diffondersi per contatti stretti anche nella popolazione pediatrica nei Paesi più colpiti.
Ovviamente non stiamo parlando di un rischio simile a quello del 2020 da Sars-Cov2, ma l’allarme internazionale ci deve portare alla massima attenzione e a un’attenta sorveglianza. Per concludere, non dobbiamo dimenticare i potenziali rischi legati ad altre malattie emergenti o riemergenti, quali la Febbre West Nile, e, soprattutto, i casi di influenza aviaria riportati nei bovini negli Stati Uniti, con alcuni casi da contatto con tali specie nella popolazione umana.
E’ necessario lavorare, anche a livello locale, su strategie di prevenzione?
Certamente sì, soprattutto dovremmo dotarci sia di sistemi di sorveglianza di queste malattie emergenti più capillari e sensibili. Ma dovremmo anche avere una sanità territoriale potenziata, in grado di rispondere alle minacce emergenti con una organizzazione pianificata in anticipo, per non farci trovare impreparati.
Purtroppo, non sembra che la lezione della pandemia Covid sia stata imparata, visto che la sanità territoriale, e i Dipartimenti di Prevenzione delle Asl in particolare, non hanno avuto il potenziamento e il ricambio di personale che si auspicava, indispensabile premessa per contrastare le prossime minacce infettive, di cui purtroppo non possiamo dubitare la presenza. Ignoriamo solo il ‘quando’, ma sappiamo che la storia ci ripresenta eventi di questo genere periodicamente. Prepariamoci!
Come si possono proteggere le persone da queste nuove infezioni ed epidemie?
Credo, innanzitutto, con la conoscenza delle minacce. Dobbiamo fare tanta informazione e formazione dei professionisti e della popolazione, senza allarmismi, ma senza minimizzare i pericoli. In secondo luogo, rendendo le persone protagoniste anche come singoli e collettività delle misure di contrasto (pensiamo, ad esempio a quanto ognuno possa fare per contrastare la proliferazione dei vettori tenendo puliti e senza acque stagnanti vasi, orti, giardini e fontane, o ancora partecipando alle campagne di disinfestazione, soprattutto della fase di sviluppo delle larve di zanzara). E poi seguendo i consigli delle autorità e dei sanitari di fiducia sulle misure di prevenzione e di protezione, incluso il superamento della sfiducia nei vaccini che si è diffuso, in parte minoritaria ma significativa, dopo la pandemia. Non dimenticando che il Covid non è scomparso, e che dobbiamo tutti promuovere la vaccinazione stagionale in autunno per le persone anziane e a rischio. Sarebbe un delitto rischiare complicanze e morti solo perché vorremmo che il Sars-Cov2 fosse definitivamente scomparso. Dobbiamo spiegare la necessità di proteggersi a chi, complice il colpevole silenzio delle autorità sanitarie a livello centrale, pensa che non sia necessario rinnovare la nostra protezione contro le minacce infettive stagionali. In questo senso, anche il calo delle coperture vaccinali per influenza della scorsa stagione, è un campanello d’allarme che non dobbiamo e non possiamo trascurare.