Laura Stefani*, Melissa Orlandi*, Stefano Gitto **, Silvia Bresci***, Claudia Fiorillo****, Matteo Becatti ****
*Medicina dello sport e dell’esercizio fisico -Dipartimento di Medicina Sperimentale e clinica
** Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica-Università degli Studi di Firenze
*** Unit Fibrosi Cistica, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze
****Biochimica Clinica – Laboratorio di Medicina ossidativa, Dipartimento di Scienze Biomediche, sperimentali e cliniche “Mario Serio”, UNIFI
La attività fisica è attualmente inserita come presidio “terapeutico non farmacologico” in molte patologie cronico-degenerative. In particolare nel post trapianto, è stata recentemente riconosciuta la capacità della “attività fisica strutturata di moderata intensità” di migliorare la qualità di vita ed abbattere il rischio cardiovascolare legato alla componente infiammatoria.
Al contrario, la pratica sportiva, in particolare in caso di allenamenti intensi, è stata recentemente associata alla condizione di OxInfiammazione, che è oggi al centro di un crescente interesse scientifico non solo per il suo coinvolgimento in patologie croniche, ma anche per il ruolo non benefico in condizioni infiammatorie transienti come dopo attività fisica intensa.
Uno degli aspetti clinici più discussi è la “definizione del range di attività fisica” suggerito che in alcune categorie rappresenta la base del controllo dell’aggravamento del rischio di mortalità cardiovascolare e della nascita delle comorbilità. La medicina dello sport si è fatta carico da tempo della gestione di pazienti fragili per i quali la “Prescrizione esercizio fisico” ha un ruolo terapeutico fondamentale, purché individualizzata.
Pur non esistendo attualmente linee guida condivise, soprattutto nel post trapianto di organo solido, si sente sempre più la necessità, in queste categorie, di una super-individualizzazione che richiede esami strumentali cardiovascolari medico sportivi specifici e valutazioni di laboratorio dedicate alla stima del livello infiammatorio presente.
Una delle caratteristiche più evidenti della risposta infiammatoria è infatti la generazione di un ambiente pro-ossidativo dovuto alla produzione di elevati livelli di specie reattive dell’ossigeno (ROS) come conseguenza del reclutamento di cellule immunitarie capaci di iniziare e perpetuare lo stimolo ossidativo. Queste alterazioni possono contribuire, nel breve termine, alla compromissione delle prestazioni atletiche e, nel medio-lungo termine, all’insorgenza di alterazioni metaboliche e patologiche che riducono le capacità riparative del processo ossidativo, evento questo protettivo sul danno tissutale.
Il volume, l’intensità e la frequenza dell’esercizio sono pertanto la chiave per evitare quelle disfunzioni multiorgano con conseguente innesco del circolo vizioso tra infiammazione e stress ossidativo. Da qui la necessità della super-individualizzazione dell’esercizio fisico misto aerobico e contro-resistenza nei pazienti fragili, in particolare nei trapiantati.
La valutazione complessa del paziente richiede poi approfondimenti sulla composizione corporea ed aspetti alimentari.

Sulla base del consolidamento del Progetto prescrizione esercizio fisico (PEF) nel post trapianto, attualmente in atto all’interno della AOUC, finanziato dall’OTT, una recente esperienza che ha coinvolto anche soggetti con fibrosi cistica già trapiantati, ha messo in evidenza come anche queste categorie di soggetti possano essere, se opportunamente valutate, indirizzate al percorso di attività fisica individualizzata avvalendosi di risultati positivi del percorso già conosciuto.



Resta aperto il problema della gestione a lungo termine della efficacia dell’intervento “esercizio fisico misto individualizzato “che richiederebbe l’attuazione di palestre certificate sul territorio e che consentirebbero una ottimizzazione degli effetti in quanto attività supervisionata.
Tale intervento dovrebbe auspicabilmente integrare il ruolo del fisioterapista in ambiente sanitario con quello del chinesiologo sul territorio per garantire continuità nel trattamento non farmacologico.
Laura Stefani laura.stefani@unifi.it
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