Innocenti Francesca, Dirigente medico presso il Dipartimento di Emergenza e Urgenza della AOU Careggi.
Bembi Niccolò, De Paris Anna, Di Maria Valentina, Farolfi Giacomo, Giancotti Teresa, Gianno Adriana, Paolucci Elisa, Pelini Beatrice, Pini Riccardo, Pollastri Costanza, Prota Alessio, Rossetto Andrea, Zanobetti Maurizio, Centro per la Simulazione Avanzata in Medicina, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze
Abstract
I facilitatori del Centro di Simulazione Avanzata in Medicina dell’Ospedale Careggi hanno organizzato una competizione in simulazione per sanitari impiegati nella Medicina d’Urgenza. La gara si è svolta in tre fasi e tutte le squadre hanno partecipato con entusiasmo e impegno. La simulazione si conferma un’ottima modalità di training, dove l’elemento competizione può rappresentare un valore aggiunto.
Simulare: a cosa serve?
Simulare è una tecnica che consente di riprodurre situazioni reali dando la possibilità di allenarsi nella gestione e poi riflettere sulla propria performance. Le possibilità offerte sono tante e difficilmente riproducibili con altre modalità, fra cui l’allenamento in contemporanea delle Technical (TS) e Non-Technical Skills (NTS) e il coinvolgimento di un team multiprofessionale per imparare a considerare il punto di vista e la professionalità di colleghi con una formazione diversa. È inoltre possibile imparare o testare la corretta esecuzione di una procedura, verificare se la gestione di una patologia piuttosto comune rispetta gli standard o se siamo in grado di gestire condizioni rare ma potenzialmente pericolose per la vita di un paziente.
In tutti i casi, la simulazione costituisce per ogni partecipante un ambiente sicuro, dove si possono fare errori senza causare danni o provare vergogna o imbarazzo; anzi, in simulazione, l’errore diventa una opportunità di riflessione e di ricerca di nuove strategie, per evitare che si possa ripetere.
In questo contesto, normalmente le sessioni di simulazione coinvolgono piccoli gruppi, che partecipano a porte chiuse alla simulazione, in un ambiente dove i partecipanti e gli istruttori sono gli unici ad avere accesso all’incontro. Ci sono alcune limitazioni in questo tipo di organizzazione, in particolare l’incontro isolato impedisce ad altri potenziali osservatori di assistere ed apprendere l’insegnamento prezioso che si genera dalla simulazione.
L’uso della gamification sta diventando sempre più popolare per motivare l’insegnamento e l’apprendimento anche nel campo medico. La gamification è il processo attraverso il quale gli utenti sono incoraggiati ad apprendere e svolgere compiti, in situazioni che incorporano elementi di game design e competizione. La ricompensa e il divertimento possono favorire la motivazione. Si può quindi, per esempio, creare una competizione in cui più squadre possono gestire in simultanea o in sequenza una serie di casi ed alla fine, sulla base di griglie di valutazione predefinite, si stabilisce chi ha realizzato la gestione più corretta.
SimMEU: prima edizione
E proprio questo è stato fatto ad Arezzo, durante il Forum Risk Management 2023, che si è svolto al Palazzo dei Congressi dal 21 al 24 novembre. I facilitatori del Centro di Simulazione Avanzata in Medicina (CASM) dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi hanno organizzato una competizione in simulazione per personale sanitario dell’Area Emergenza-Urgenza. Ogni Area Vasta della Toscana ha espresso due squadre, tutte composte da medici, sia strutturati che specialisti in formazione, infermieri ed, in alcuni casi, anche operatori socio-sanitari.
La giornata è iniziata con una breve presentazione sul senso di fare simulazione tenuta dal prof. Riccardo Pini, ex-direttore della Scuola di Specializzazione di Medicina di Emergenza e Urgenza dell’Università di Firenze.
È quindi iniziata la competizione, che si è svolta in 3 fasi.
Nella fase iniziale sono state allestite 6 stazioni, 5 delle quali consistevano nella gestione di un caso clinico. Ogni stazione aveva una durata di 15 minuti: 3 minuti iniziali durante i quali i partecipanti avevano a disposizione una breve presentazione del caso stesso, con l’indicazione di quali competenze tecniche e/o non tecniche venivano testate nella stazione stessa (Figura 1).
Figura 1: Esempio di istruzioni apposte al di fuori delle 6 stazioni iniziali che i partecipanti potevano consultare prima di affrontare lo scenario.
Nei successivi 12 minuti, le squadre dovevano gestire il caso clinico (Figura 2).
Figura 2: I partecipanti gestiscono uno scenario con simulatore ad alta fedeltà.
Per ogni stazione era stata preparata una lista di azioni critiche necessarie per gestire correttamente lo scenario, sulla base delle quali veniva valutata la performance delle squadre. Accanto alla valutazione delle competenze tecniche, le abilità di teamwork sono state misurate mediante la Clinical Teamwork Scale, uno strumento validato e concepito appositamente per la rilevazione strutturata delle competenze cosiddette non-tecniche (Figura 3).
Figura 3: Clinical Teamwork Scale.
La sesta stazione prevedeva l’esecuzione di un compito, per il quale era necessario un appropriato coordinamento fra i membri della squadra: si trattava di costruire una torre di bicchieri di carta senza toccarli con le mani, ma tramite un elastico di cui ogni membro della squadra aveva in mano un estremo. Era pertanto necessaria una buona leadership, per coordinare i movimenti e tirare o lasciare l’elastico in modo appropriato per raggiungere lo scopo il più rapidamente possibile. Per la valutazione è stata utilizzata la stessa scala menzionata sopra.
Al termine delle sei prove, è stata redatta una classifica e le prime 4 squadre hanno avuto accesso alla seconda fase, la semifinale. Questa consisteva in un unico scenario, che tutte e 4 le squadre hanno gestito in successione: le modalità di valutazione sono state le stesse di cui sopra e le due squadre che hanno raggiunto il punteggio più alto si sono affrontate nella terza e ultima fase, la finale.
Per quest’ultima parte della gara, è stato allestito uno scenario che includeva tre pazienti vittime di un trauma causato da una moto. Sono stati utilizzati due manichini ad alta fedeltà e un attore ed è stata lasciata alle squadre la scelta su come gestire la situazione. I partecipanti hanno deciso di unire le forze e, guidati da un team leader autorevole e competente, tutti insieme hanno gestito uno scenario complesso, identificando rapidamente le lesioni pericolose per la vita e mostrando la capacità di definire priorità e destinazione appropriata per ogni paziente. Una performance eccellente di entrambe le squadre e una vittoria assegnata con grande difficoltà, premiando la capacità di mantenere in ogni momento una visione globale della situazione (Figura 4).
Figura 4: Lo scenario della finale.
Una sola squadra ha vinto, ma tutti i partecipanti si sono divertiti e hanno vissuto una bella giornata.
La competizione nella simulazione: una storia
L’uso della competizione per incrementare il valore didattico della simulazione non è nuovo ed un esempio tipico è rappresentato dalle SimWars. Si tratta di competizioni nate nell’ambito della Medicina di Emergenza e Urgenza e basate sulla simulazione tra squadre di clinici, che gareggiano in vari aspetti di cura del paziente di fronte a un vasto pubblico. Queste sono state create nel 2017 da un gruppo di professori statunitensi che avevano notato una eccessiva lentezza nella gestione dei casi simulati durante la formazione degli specializzandi. Era come se gli specializzandi aspettassero che “l’inevitabile bomba cadesse” prima di gestire attivamente il paziente. Hanno pensato allora che forse avrebbero potuto inserire un po’ di sano stress negli scenari. Oltre a fornire uno strumento per la formazione di una vasta platea in occasione di conferenze locali, nazionali e internazionali, SimWars offriva un’opportunità unica di osservare le differenze nel modo in cui i diversi programmi di formazione affrontano situazioni simili. Essa era anche un modo per mostrare l’utilità dell’addestramento tramite simulazione ai formatori non avvezzi all’utilizzo di tale strumento nei loro programmi di training. Era poi sicuramente un’introduzione entusiasmante per partecipanti nuovi alla simulazione.
È importante riconoscere che SimWars è una competizione e non intende certo sostituire il tradizionale ambiente sicuro di apprendimento a cui discenti ed educatori sono abituati. Una delle osservazioni più importanti però è che le squadre, una volta raggiunta la seconda o terza fase della gara, tendono a dimostrare una migliore comunicazione ed una migliore definizione dei ruoli all’interno dei team. Questa scoperta è stata uno dei risultati più gratificanti delle SimWars. Dal momento che la gara è nata innanzitutto con scopo educativo, la capacità di trasferire informazioni apprese in un caso allo scenario immediatamente successivo è un grande successo del programma SimWars.
La competizione in simulazione in Italia
Per diversi anni, fino al 2019, anche in Italia esisteva una competizione in simulazione, la SimCup, nata in ambiente anestesiologico, ma aperta a tutto il mondo dell’area critica. La pandemia ha interrotto questa esperienza.
Ad Arezzo abbiamo cercato di riproporre un progetto simile e, al termine di questa prima avventura molto impegnativa ma anche tanto gratificante, vorremmo condividere qualche riflessione.
Siamo rimasti davvero colpiti dall’impegno che tutte le squadre hanno messo nel gestire gli scenari proposti. All’inizio di ogni sessione di simulazione, i facilitatori ed i partecipanti stringono una sorta di patto: gli uni si impegnano a creare un ambiente sicuro e non giudicante, presupposto indispensabile per una efficace esperienza di apprendimento. Da parte loro, i partecipanti si impegnano a deporre lo scetticismo ed a trattare il manichino come se fosse davvero il paziente di quel giorno, con lo stesso impegno che metterebbero di fronte ad un paziente reale. Durante la gara tutte le squadre si sono impegnate nella gestione degli scenari, senza risparmiarsi, con serietà e dedizione. In un momento in cui il mondo della Medicina d’Emergenza-Urgenza appare di fronte all’opinione pubblica come una realtà in profonda crisi, da cui tutti cercano di scappare, crediamo che la giornata di Arezzo sia la dimostrazione che ci sono ancora tanti professionisti medici, infermieri e operatori socio-sanitari che sono contenti di fare questo mestiere e che sono disposti a mettersi in gioco in una occasione non solo di confronto e di sfida, ma anche di apprendimento e training. L’esperienza precedente di apprendimento in simulazione era differente fra le squadre, ma tutti sono riusciti a entrare nel ‘gioco’ e hanno infine apprezzato questa opportunità, ritenuta interessante ma anche divertente.
Possiamo confermare che è stata anche per il nostro gruppo una esperienza in cui tutti hanno trovato spunti ed occasioni di apprendimento, sia per coloro che hanno scritto i casi, che per i facilitatori che erano presenti il giorno della manifestazione a condurre gli scenari e i colleghi specializzandi e infermieri che si sono resi disponibili per l’organizzazione. Una giornata come quella di Arezzo richiede un grande lavoro di preparazione ed ottime capacità di teamwork per la realizzazione ed anche in questo è stata occasione di crescita per il gruppo di facilitatori del nostro centro.
L’augurio è che giornate come questa avvicinino sempre più persone all’uso della simulazione come strumento di formazione, nell’ottica di promuovere una nuova cultura della sicurezza del paziente e della cura delle relazioni fra il personale sanitario, in un momento difficile, ma in cui si respira la voglia di ritrovare nuove strade per affrontare questo lavoro con professionalità ed entusiasmo.