Valentina Zucchi, MUS.E
Che cosa succede quando osserviamo un’opera d’arte, quando attraversiamo le sale di un museo, quando visitiamo una mostra? Potremmo rispondere: tutto e niente. Come gran parte delle esperienze che tessono la nostra vita, che le danno senso e pienezza, l’esperienza della cultura non ha di per sé risvolti funzionali o finalistici, anzi è semmai un dispendio di tempo e risorse. Eppure, qualcosa succede. Da quando l’essere umano è sulla terra ha sentito l’esigenza di esprimersi e di comunicare attraverso le immagini; nel corso dei secoli studiosi di ogni campo ne hanno indagato premesse, esiti ed effetti e tuttavia, ancora, resta qualcosa di inafferrabile. “Ogni giorno ci convinciamo che da un museo si esca un po’ più ricchi di come si è entrati”, pensiamo noi, che tutti i giorni lavoriamo con dipinti e sculture, esposizioni e percorsi, eventi e attività culturali. La percepiamo, questa ricchezza, negli occhi, nei gesti, nei non-detti (ancor più che nelle parole) di chi ha condiviso con noi l’esperienza dei musei fiorentini. Niente è cambiato, all’apparenza, eppure qualcosa è rimasto e verrà portato con sé. Non si tratta soltanto di nozioni e di conoscenze, bensì di qualcosa di più ampio, forse di più profondo; di qualcosa che ci ha fatto stare bene e che contribuisce a modellare la nostra cultura. In effetti, la stessa matrice etimologica della parola “cultura” – l’indoeuropeo *kwel – porta con sé i concetti di prendersi cura, amare, adorare, elevare, far girare, e il mondo dei musei, nato per favorire la memoria e lo sviluppo della società umana nelle più ampie forme ed espressioni, ne è una naturale declinazione. Ecco che, con lo sguardo rivolto a una visione culturale che include non solo conoscenze e competenze ma anche esperienze, relazioni, riflessioni e capacità, i musei si offrono come terreni da esplorare, come luoghi da vivere, come spazi aperti che “operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze” (International Council of Museums, Praga, 2022).
In effetti, ormai da anni i musei di tutto il mondo esplorano gli effetti benefici dell’esperienza culturale, tanto in chiave individuale quanto in ottica collettiva: basti pensare ai numerosi progetti sviluppati in Gran Bretagna e oltreoceano, o alle sale d’attesa predisposte presso il Museo Egizio prima o dopo una visita specialistica, o ancora ai programmi per le persone con decadimento cognitivo in Toscana, con importanti risultati sulla popolazione senescente. Sempre di più e sempre meglio si sondano le connessioni fra cultura, benessere e salute (basti citare il rapporto OMS del 2019); si studiano gli effetti ristoratori di un’esperienza museale che abbia come matrice l’idea di cura, intesa non come terapia ma come attenzione alla persona, ai suoi bisogni e ai suoi desideri; si indaga l’efficacia della partecipazione culturale contro lo stress, contro il declino mentale, contro la povertà sociale. In una parola, si analizza il potenziale benessere insito nel confronto con l’arte.
Il benessere è invero un obiettivo pervasivo della società contemporanea, connesso alla ricerca di contesti, situazioni, esperienze che possano restituire qualcosa di positivo e piacevole, e si colloca in un quadro sempre più articolato, associato non solo all’assenza di malattie ma più in generale alla qualità della vita, al difficile equilibrio fra corpo, mente e spirito che per tutta l’esistenza rincorriamo.
Certo, numerosi sono gli studi che hanno analizzato gli effetti della relazione con l’arte nel nostro organismo, verificando i livelli di ormoni e sostanze del nostro organismo (cortisolo, dopamina, ossitocina, endorfine, giusto per fare alcuni esempi) e gli stimoli sul nostro cervello, correlati al piacere, alla ricompensa, alla fiducia, all’empatia.
Oltre a questo, tuttavia, l’esperienza in un museo si pone come elemento benefico di un “cultural welfare” che cresce sempre di più, in linea con una visione più sfumata dei concetti di salute e di malattia, rivisti secondo un approccio integrato e multidisciplinare che vede anche l’influire di fattori psicologici, ambientali e sociali.
La cultura può e deve accompagnare la vita dell’uomo in ogni sua fase – dall’infanzia alla vecchiaia – e in ogni contesto – dalla scuola all’ospedale – non perché può guarire, ma perché genera, stimola, nutre, interroga; perché la cultura, in fondo, è un modo di vivere la vita.
MUS.E sviluppa da anni numerosi progetti e programmi centrati sul benessere nei musei e rivolti a diversi interlocutori con fragilità o disabilità fisiche, mentali e sociali.
La finalità è quella di estendere e approfondire tali azioni, anche in collaborazione con il campo della medicina.
Per conoscere le diverse attività o proporre forme di collaborazione, anche sperimentali: mediazione@musefirenze.it