Marco Mayer, Docente al Master di Cybersecurity Università Luiss, Roma
Dopo la celebre Agente Lisa della Polizia di Stato recentemente il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha annunciato la nascita di Sara, una guida virtuale che (almeno si spera) dovrebbe accompagnare il cittadino lungo i tortuosi sentieri dell’assistenza sanitaria regionale.
Il Governo della Toscana innesca così – per usare le parole di Giani
https://www.agenziavista.it/tempo-reale/2023/670394_nasce-il-portale-salute-toscana-giani-rivoluzione-digitale/ “una sorta rivoluzione digitale” nel servizio sanitario nazionale, a partire dagli utenti, ed in particolare dal tema scottante delle prenotazioni e delle relative liste di attesa.
Non so quanto i medici di famiglia e il personale sanitario siano stati coinvolti da questo progetto. Spero proprio di sì. In passato e non solo nella sanità, non è stato così con effetti negativi di varia natura.
Solo chi opera quotidianamente all’ interno del sistema sanitario è in grado di suggerire le linee guida a cui gli informatici e gli ingegneri gestionali devono ispirarsi nella fase della progettazione digitale.
Per farlo con efficacia gli operatori sanitari devono conoscere in anticipo le opportunità ed i rischi dei processi di digitalizzazione nonché gli interessi settoriali (in potenziale conflitto) che sottendono i processi di innovazione tecnologica.
Nel 2020 la vicenda dell’App IMMUNI è stata esemplare. Nata per il tracciamento Covid è stata sviluppata in ambito informatico da una start up che- proprio perché non ha coinvolto il settore sanitario – ha avuto risultati estremamente deludenti.
Poi per “carità di patria” e per interessi politici è stata affidata al settore pubblico (precisamente alla Sogei SPA del MEF). Alla fine – ma in pochi lo sanno – Immuni è defunta il 31 dicembre 2022, dopo una esistenza in vita decisamente improduttiva. https://www.immuni.italia.it/
È un tipico caso di business informatico fine a sé stesso, concepito e raccomandato dall’alto all’ inizio della pandemia e poi calato sulla testa degli operatori sanitari delle Aziende e degli enti sanitari e dei cittadini, senza alcuna verifica preventiva.
La materia della transizione digitale nel servizio sanitario nazionale è molto complessa https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/non-solo-app-il-nodo-della-digitalizzazione-della-sanita-26129 e in questa sede mi limito a sottolineare ai lettori tre aspetti di cui mi auguro si tenga conto anche nell’ implementazione dei target del PNRR per il comparto sanitario. https://innovazione.gov.it/italia-digitale-2026/il-piano/sanita-digitale/
Il primo punto è che transizione digitale non significa affatto digitalizzare l’esistente. Ciò che serve in via preliminare è cambiare gli assetti organizzativi in modo da approfittare dei vantaggi offerti dalle tecnologie digitali (e mettendo in conto anche i rischi).
L’ aspetto più dirompente è la connettività trasversale. Essa elimina alla radice una serie di confini verticali e mette in crisi isole autarchiche. Per esempio, le immagini diagnostiche che informalmente (ma non sistematicamente e ufficialmente) viaggiano in tempo reale su WhatsApp sono un esempio concreto di come si può migliorare la comunicazione tra paziente, medico di famiglia, case di comunità, ambulatori specialistici e/o reparti ospedalieri.
Questa condivisione di dati contribuisce a creare le condizioni perché mega banche dati essenzialmente in Cloud e relative alle casistiche più svariate possano contribuire a migliorare i risultati clinici e la ricerca scientifica in tanti settori specialistici della medicina.
In questo ambito assolutamente centrale diventa la Cybersecurity per evitare che i dati sensibili vengano copiati per finalità illecite.
Nel dark web esiste un mercato nero di cartelle cliniche che, specialmente nei paesi in cui le cure sono basate su sistemi sanitari assicurativi, permette agli operatori di personalizzare l’offerta alzando in modo esorbitante i prezzi delle polizze sui pazienti con le più gravi patologie.
Non è facile conciliare a livello micro e macro questa grande condivisione di dati con gli imperativi di sicurezza e privacy, ma è una delle grandi sfide da vincere con la più stretta collaborazione tra medici e ingegneri.
Un secondo aspetto molto importante è utilizzare le nuove tecnologie per irrobustire le strutture sanitarie territoriali, il rapporto ospedale territorio e la stessa cooperazione inter-ospedaliera. Non c’ è più la barriera della distanza e ci sarebbe la drastica riduzione – ma purtroppo spesso solo in teoria – dei tempi di attesa.
A partire dai medici di famiglia e dalle farmacie gli scambi informativi possono essere calibrati su quanto si può fare in casa, negli ambulatori di medicina generale e specialistica e nei casi clinici in cui è necessario il ricovero in ospedale.
Queste scelte strategiche non spettano agli informatici, ma ai dirigenti sanitari e in una certa misura alle politiche sanitarie del Ministero della Sanità e delle regioni. In sostanza la rivoluzione digitale paga in termini di efficienza/efficacia solo se il sistema viene profondamente riorganizzato su basi diverse sulle attuali.
Un caso semplice da spiegare è la sovrapposizione tra intramoenia e prenotazioni di routine che per come stanno le cose oggi è il gatto che si morde la coda. In troppi casi le visite intramoenia è l’unico modo per aggirare interminabili liste di attesa del servizio pubblico. https://www.pensalibero.it/perche-serve-una-svolta-immediata-nella-politica-sanitaria/
Il terzo aspetto a cui intendo accennare è relativo ad una grave conseguenza negativa della rivoluzione digitale in termini di dipendenza soprattutto nei bambini e negli adolescenti, ma non solo. https://www.thelancet.com/journals/lanwpc/article/PIIS2666-6065(22)00002-5/fulltext
Un po’ tutti noi (il sottoscritto certamente) siamo affetti dalla sindrome della digital addiction. Anche questa è una parte importante della cybersicurezza, ma nell’ultimo decennio il tema è stato colpevolmente trascurato.
L’ attaccamento ossessivo a smartphone, tablet e computer è certamente un fenomeno che aggrava i livelli dell’ansia e depressione e altre patologie psicologiche. Penso che la comunità medica e gli psicologi debbano riflettere seriamente su questo tema e sollevare pubblicamente la questione. Basta scorrere le statistiche e gli allarmi negli Stati Uniti https://nyti.ms/3BRhcQD e in Cina https://www.reuters.com/world/china/china-tighten-web-video-curbs-prevent-kids-addiction-2023-02-27/ per capire l’impressionante diffusione quantitativa della digital addiction e la difficoltà di trovare adeguate misure di prevenzione e risposte terapeutiche ai milioni e milioni di pazienti affetti in modo grave da questa nuova forma di dipendenza patologica.