Giuseppe Curciarello Ematologo-Firenze, Coordinatore Team Medico Terapie Domiciliari AIL Firenze (Associazione Italiana Leucemie, Linfomi e Mieloma), Coordinatore Team Medico “Ambulatorio della Carità San Luigi Guanella” Firenze
Abstract:
La terapia trasfusionale di supporto, eseguita al domicilio del paziente, costituisce, anche da sola, una “migliore” terapia che non abbisogna certo di prove di evidenza: sappiamo bene che lanciarsi da un aereo con il paracadute è molto più sicuro che farlo senza.
Quando parliamo di Telemedicina pensiamo sempre al rapporto fra medico (in ospedale o in ambulatorio) e paziente al proprio domicilio.
Intendiamo cioè per Telemedicina la possibilità di creare un efficace rapporto di cura fra medici, in numero progressivamente sempre più ridotto a causa di politiche scellerate perpetrate negli ultimi decenni, e pazienti, invece sempre più numerosi, anziani e soli.
Questo rapporto è stato sempre più sviluppato negli ultimi anni, ed in particolare nel periodo Covid proprio a causa dello stato di malattia di molti pazienti e del rischio di contagio quando questi avessero intrapreso, per le cure necessarie, un percorso di assistenza con un loro trasferimento in ambito ambulatoriale/ospedaliero.
Il periodo Covid ha poi determinato la necessità di sostituire le periodiche visite dei pazienti in cura nei DH oncologici o oncoematologici con un approccio digitale, tramite la “televisita”, un atto sanitario nel quale il medico interagisce a distanza con il paziente e dal quale può scaturire la prescrizione di indagini, farmaci e in generale di cure.
Le “televisite” o anche le semplici telefonate dei medici ospedalieri al paziente domiciliare, affetto da patologie già note, ha permesso di gestire molte situazioni che in effetti hanno potuto giovarsi di questo approccio (pensiamo ai controlli dell’esame emocromocitometrico o di altri esami in pazienti oncologici o oncoematologici nella necessaria gestione del prosieguo delle cure, anche chemioterapiche).
Ma esiste un’altra “telemedicina” che va considerata, e che prenderà sempre più piede nei prossimi anni, una “telemedicina” che contempla la possibilità di una interlocuzione stretta fra la “rete” di assistenza domiciliare dei pazienti, e le strutture ospedaliere, sempre più caratterizzate da scarsità di personale, in particolare medico, mentre, grazie ai progressi nel trattamento dei pazienti, aumentano le aspettative di vita e dunque i bisogni di cure. Esiste cioè – e questo già da tempo – una rete più o meno sviluppata, a seconda delle regioni, di medici e infermieri che assistono i pazienti a domicilio. Questo personale sanitario che si reca periodicamente a casa dei pazienti, soltanto raramente è costituito da medici e infermieri ospedalieri o medici di famiglia, più frequentemente si tratta di medici e infermieri che appartengono a quello che viene definito “terzo settore”, istituti cioè volontari che si prendono efficacemente cura dei pazienti, non solo nel palliativismo, ma soprattutto, come nel caso dei pazienti ematologici, nella gestione di pazienti in trattamento nei DH ospedalieri. Questo setting di pazienti, grazie all’intervento di queste istituzioni, può effettuare sia i controlli ematici che le terapie prescritte, tra le quali più frequentemente la trasfusione, restando a casa, evitando così disagevoli trasporti in ospedale o in DH. È questo un tipo di approccio che consente anche un notevole risparmio economico, dal momento che permette di ridurre l’impegno, in termini di giornate di lavoro perse, dei caregivers (in genere familiari del paziente) che devono accompagnare il congiunto in ospedale. Altro aspetto rilevante è la riduzione dell’utilizzo di mezzi attrezzati o ambulanze per trasportare i pazienti dal domicilio all’ospedale e viceversa, con conseguente possibilità di impiegare queste preziose risorse in altri servizi che rivestono carattere di urgenza o che sono indirizzati a pazienti che devono necessariamente recarsi in ospedale per effettuare determinati esami diagnostici o terapie.
D’altra parte l’anemia, con tutto quello che comporta in termini di sintomi e segni, è causa di profonda astenia e difficoltà nella mobilizzazione attiva del paziente, e comporta dei rischi, quando severa, in particolare sul versante cardiocircolatorio. Da sempre dunque, proprio i pazienti per i quali la mobilizzazione presenta più rischi, sono quelli che più frequentemente devono recarsi, con grande disagio (a volte anche nelle primissime ore del mattino), nelle strutture ospedaliere o nei Servizi trasfusionali, esclusivamente per fare una trasfusione che potrebbe essere effettuata, in sicurezza, a domicilio.
In oncoematologia la terapia trasfusionale di supporto è il minimo comune denominatore di ogni intervento curativo (fra una terapia e l’altra, nel follow up etc) e se questo supporto può essere erogato a casa, ecco che avremo realizzato davvero la “cura” del paziente e non soltanto della malattia, perché ogni cura dovrebbe essere, per ciascun paziente, un “prendersi cura” piuttosto che soltanto effettuare una diagnosi e prescrivere una terapia.
Se frequentemente le patologie dei pazienti sono croniche, o le terapie – talvolta anche in oncoematologia – sono palliative, nondimeno esiste, sul versante dei pazienti oncoematologici, un terzo ambito di assistenza domiciliare che si occupa delle problematiche di questi pazienti, seguiti dai Reparti o DH ematologici ospedalieri e frequentemente dagli Ambulatori trasfusionali. Questi pazienti possono dunque avvantaggiarsi della presenza di medici specialisti sul territorio con un notevole miglioramento del trattamento terapeutico in termini di accessibilità, tempestività, efficacia ed efficienza.
L’AIL (Associazione italiana Leucemie, Linfomi e Mieloma) è l’associazione di volontari (sviluppata su tutto il territorio nazionale) che più è coinvolta in questa tipologia di assistenza per questo setting di pazienti. I medici del terzo settore che si occupano di assistenza sul territorio sono, nella gran parte dei casi, specialisti (ematologi nel caso di AIL) che ben possono prendersi cura di pazienti che necessitano di un approccio, appunto, specialistico. Per svolgere al meglio questa funzione i medici coinvolti nei percorsi assistenziali necessitano di un profondo ed incessante link con i reparti o DH ospedalieri (le Ematologie, nel caso di AIL, sono più frequentemente le strutture che “affidano” loro i pazienti per l’assistenza domiciliare). Nel caso di AIL le prestazioni che più frequentemente vengono effettuate sono terapie trasfusionali domiciliari, prelievi ematici, somministrazione di farmaci parenterali o di fattori di crescita, EPO o ematinici, seguendo percorsi agevoli, veloci e con un flusso informativo circolare fra Medico/Infermiere AIL e medico di famiglia/Medico della Struttura Trasfusionale/Medico ematologo ospedaliero.
Non infrequentemente fra medico ospedaliero e medico a domicilio lo scambio è poi svolto in chat di messaggistica, con importanti risvolti sul versante della privacy. D’altra parte questo scambio di informazioni, in questa tipologia di pazienti, deve essere veloce: se pensiamo ad esempio a situazioni di severe anemie o piastrinopenie, risulta fondamentale che il trattamento trasfusionale sia appropriato e tempestivo, intrapreso prima che le condizione cliniche del paziente evolvano in situazioni che richiedono un trattamento urgente, erogabile soltanto in regime ospedaliero.
Ecco dunque come le piattaforme digitali di “Telemedicina” in uso attualmente sul territorio, sono monche. Esse infatti sono state sviluppate in un’ottica di assistenza sanitaria per molte patologie croniche ma non specificamente per l’Ematologia e l’Oncoematologia e prevedono solo la possibilità di far circolare informazioni fra pazienti e loro familiari a casa e medico in Ospedale.
La cosiddetta “telemedicina” deve anche prevedere lo studio e lo sviluppo di piattaforme digitali che permettano lo scambio e gestione di dati di una cartella sanitaria digitale, fra Medico a domicilio del paziente, e Medici ospedalieri.
Le caratteristiche di questa piattaforma sono sensibilmente diverse. Esse sono infatti incentrate su una cartella digitale che può essere implementata e visionata dal personale sanitario presente a domicilio del paziente e nel contempo dai medici ospedalieri che primariamente l’hanno in cura.
Dal punto di vista tecnico dunque devono essere soddisfatte diverse necessità, non soltanto la possibilità che il paziente (spesso anziano) da casa trasmetta al medico di famiglia o ospedaliero dati come la pressione arteriosa, la saturimetria, la temperatura o la corretta gestione della terapia domiciliare, ma anche che il medico a domicilio possa, oltre che ricevere dal medico ospedaliero i referti, gli esami, i dati, il piano terapeutico con cui il paziente è stato dimesso, anche trasmettere al medico ospedaliero i dati rilevati a domicilio (spesso si tratta di esami ematici) con l’eventuale terapia di supporto praticata (spesso trasfusionale nel caso dei pazienti oncoematologici). Di questi dati il medico ospedaliero deve costantemente avere contezza, in modo da poter condurre al meglio il processo decisionale relativo alla terapia da praticare nelle settimane successive nei DH ospedalieri, con un accesso del paziente, per esempio, mensile piuttosto che settimanale.
Ecco dunque la necessità che le Strutture ospedaliere (Ematologie, DH oncoematologici, Strutture trasfusionali) sviluppino sempre più progetti per questa nuova possibilità di cura del paziente.
Naturalmente deve essere sempre garantita la sicurezza terapeutica mediante l’adozione di protocolli operativi standard che definiscano livelli di sicurezza e di tracciabilità dell’intero processo equivalenti a quelli adottati in ambito ospedaliero. La telemedicina (erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies ICT) permette dunque una riorganizzazione della assistenza sanitaria con lo spostamento del focus dall’ospedale al territorio, grazie a modelli assistenziali innovativi centrati sul cittadino utente per il quale viene facilitato l’accesso delle cure ma anche centrati sul personale sanitario che per svariate patologie deve essere presente a casa del paziente.
Le ricadute di questi modelli assistenziali sono importanti in termini di:
- equità di accesso all’assistenza sanitaria
- migliore qualità dell’assistenza con la garanzia della continuità delle cure e dell’integrazione ospedale/territorio
- migliore efficacia, efficienza, appropriatezza
- contenimento della spesa
L’acquisizione di componenti tecnologiche idonee, in particolare le infrastrutture di telecomunicazione, permette una funzione fondamentale al fine della corretta trasmissione dei dati e della comunicazione tra ospedale e personale sanitario a domicilio del paziente. Nondimeno risultano fondamentali le interfacce, termine con il quale si indicano tutti i sistemi atti a garantire la connessione e l’accesso ai servizi di telemedicina quali:
- sistemi hardware e software, per acquisire ed elaborare dati, anche attraverso dispositivi mobili (smartphone, tablet), relativi al paziente,
- applicazioni web, accessibili anche attraverso dispositivi mobili (smartphone, tablet) per la trasmissione bidirezionale delle informazioni sanitarie
Un minimo comune denominatore di queste piattaforme, nel caso dei pazienti ematologici deve prendere in considerazione almeno le seguenti caratteristiche:
- Sostituire la cartella clinica cartacea permettendo tuttavia la possibilità di stampa della stessa. Permettere la scrittura e tracciabilità di interventi sanitari sia da parte del Medico a domicilio, sia del Medico in Ospedale/o Ambulatorio.
- Possibilità di inserire copia del consenso informato alla terapia trasfusionale e di accettazione dell’intervento sanitario domiciliare nella piattaforma digitale.
- Possibilità di inserimento della terapia prescritta al paziente e in particolare l’inserimento elettronico delle unità di emocomponenti trasfuse, come se fosse in Ospedale.
- Possibilità di importazione da remoto (Laboratorio ospedaliero) degli esami ematici eseguiti a domicilio (per evitare le pericolose trascrizioni).
- Disponibilità di “spazi, diarie” per scrittura delle condizioni cliniche del paziente in ciascun intervento domiciliare o periodica visita in DH ospedaliero, oltre che di variazioni nella terapia.
- Possibilità di aprire la cartella clinica da PC o smartphone del personale sanitario a domicilio, e in ospedale.
- Idoneo sistema di tracciabilità (tramite credenziali differenziate in base al profilo professionale) e backup di ogni intervento praticato.
Nel mondo del metaverso, l’uso della telemedicina come descritto in questo breve articolo appare poca cosa, ma il benessere del paziente deve essere sempre il nostro core-business, dobbiamo cogliere con entusiasmo le opportunità che la crisi innescata dalla pandemia ci offre senza dimenticare, nel caso della terapia trasfusionale di supporto, come la sua esecuzione a casa del paziente, costituisca, anche da sola, una “migliore” terapia che non abbisogna certo di essere dimostrata attraverso trial clinici: sappiamo bene che lanciarsi da un aereo con il paracadute è molto “più sicuro” che farlo senza.