Massimo Martelloni Presidente Emerito Società Scientifica dei Medici Legali delle Aziende Sanitarie, Presidente della Commissione di Bioetica dell’Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Firenze.
Commento alla Legge 113/2020
“Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”
La legge 113 del 14 agosto 2020 (GU 224 del 9/9/2020) vede lo Stato intervenire in modo diretto ed importante sul tema della sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie, come individuate nella riforma degli Ordini dagli articoli 4 e da 6 a 9 della legge 11 gennaio 2018, n. 3 e socio-sanitarie, come individuate dall’art. 5 della medesima legge 3/2018, nell’esercizio delle loro funzioni.
La norma prevede la costituzione di un Osservatorio nazionale sulla sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie con funzioni di:
-monitoraggio episodi di violenza subiti dai professionisti sanitari e socio-sanitari;
-monitoraggio dei relativi eventi sentinella;
-promozione di studi ed analisi con finalità di riduzione dei fattori di rischio;
– monitoraggio della attuazione delle misure di prevenzione e protezione a garanzia dei livelli di sicurezza sui luoghi di lavoro ai sensi D.L.gs 81/2008, anche promuovendo l’utilizzo di strumenti di videosorveglianza;
e) promozione delle buone prassi in materia di sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, anche nella forma del lavoro in equipe, vedi gestione del rischio clinico e raccomandazione ministeriale n. 8 del novembre 2007 sugli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari;
f) promozione di corsi di formazione per il personale medico e sanitario, finalizzati alla prevenzione e alla gestione delle situazioni di conflitto nonchè a migliorare la qualità della comunicazione con gli utenti.
Quest’ultimo richiamo al saper riconoscere le situazioni di conflitto ed all’utilizzo della comunicazione più adatta per contenere le condizioni di aggressività dell’utenza richiama le istituzioni sanitarie al dover programmare formazione obbligatoria in materia come priorità di sistema.
Emerge pertanto dalla legge un rafforzamento dell’indirizzo, che impegna le aziende sanitarie pubbliche e private nel creare un raccordo tra interventi preventivi e oltretutto di sicurezza nei luoghi di lavoro sul fronte delle aggressioni fisiche e non nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, già in tal senso garantito dalla Racc. Min. 8/2007 e dal D.L.gs 81/2008.
La grande novità si delinea però nell’art. 4 in merito alle modifiche dell’art. 583-quater del codice penale:
– Art. 583-quater, modificato:
“(Lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (( , nonché a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali)).
Nell’ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da quattro a dieci anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da otto a sedici anni.
((Le stesse pene si applicano in caso di lesioni personali gravi o gravissime cagionate a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonchè a chiunque svolga attività ausiliarie di cura,assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di tali attività)”).
La nuova legge modifica il codice penale, prevedendo come deterrente una maggiore severità delle punizioni già severe previste dal codice penale per chi commetta atti di violenza nei confronti di medici e di operatori sanitari e sociosanitari in genere.
La grande novità procede nell’art. 5 intitolato circostanze aggravanti.
In tal senso viene introdotta una ulteriore modifica del codice penale, prevedendo un’altra circostanza aggravante del codice penale, che comporta un aumento fino a un terzo della pena da infliggere al colpevole.
La legge 113 , infatti, aggiunge una “circostanza aggravante” al già notevole catalogo previsto dall’articolo 61 del codice penale, al quale viene aggiunto il seguente: « 11-octies) l’avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività».
Il significato è chiaro: qualsiasi atto di violenza, per il solo fatto di essere fatto contro un operatore sanitario, merita una punizione più severa di un terzo tanto che una eventuale pena di tre anni viene modificata in quattro anni.
La grande novità procede anche nell’art. 6 in materia di procedibilità.
La nuova legge introduce anche la perseguibilità d’ufficio, e non più a querela, nei casi di percosse (articolo 581 del codice penale) e di lesioni non gravi (articolo 582 del codice penale) quando la violenza sia commessa a danno di un operatore sanitario, già aggravata ai sensi del nuovo articolo 61, numero 11-octies.
Ne deriva che non è necessaria una formale querela personale da fare entro 90 giorni in merito alla violenza subita da parte dell’operatore sanitario o socio-sanitario, perché la polizia giudiziaria e il pubblico ministero procederanno d’ufficio, comunque sia loro giunta la notizia di reato sia che si tratti di un referto del pronto soccorso o di altre sedi sanitarie o del verbale dell’intervento delle forze dell’ordine o di altre modalità.
In tal senso è necessario prevedere una procedura interna alle strutture sanitarie pubbliche e private che veda operare a supporto nella denuncia le Direzioni Ospedaliere, le Direzioni Distrettuali anche a tutela degli operatori del Territorio sia MMG che non, i Responsabili della Case della Comunità e degli Ospedali di Comunità in modo che alcun operatore sanitario e sociosanitario si ritrovi da solo ad affrontare una risposta all’aggressione subita e perché lo Stato, giunta la notizia di reato, possa intervenire prontamente.
La legge 113/2020 non dimentica oltretutto le misure di prevenzione e prevede all’art. 7 che le strutture presso le quali operano gli operatori sanitari e socio-sanitari stipulino protocolli operativi con le forze di polizia :
-“ 1. Al fine di prevenire episodi di aggressione o di violenza, le strutture presso le quali opera il personale di cui all’articolo 1 della presente legge prevedono, nei propri piani per la sicurezza,
misure volte a stipulare specifici protocolli operativi con le forze di polizia, per garantire il loro tempestivo intervento”.
La recente notizia di Lucca va per esempio in tal senso:
Il posto di polizia in ospedale è previsto attivo dalle 8 alle 20, mentre di notte operano guardie giurate con una copertura di 24 ore.
Interessante poi è l’art. 8 della legge 113/2020 perché istituisce la «Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari», volta a sensibilizzare la cittadinanza a una cultura che condanni ogni forma di violenza.
Si tratta di una giornata annuale che un successivo Decreto del Ministero della Salute del 27 gennaio 2022 ha individuato nel giorno 12 marzo di ogni anno in concomitanza con la “Giornata europea di sensibilizzazione contro la violenza nei confronti dei medici e degli altri operatori sanitari”, come proposta dal Consiglio degli Ordini dei Medici Europei (CEOM).
Tutte le Regioni e le Aziende Sanitarie Pubbliche e Private sono chiamate a realizzare una tale giornata in collaborazione con gli Enti Intermedi Sussidiari dello Stato ovvero in primo luogo a partire dall’Ordine dei Medici , comprendendo gli altri Ordini ed Associazioni interessate.
Questa legge è comunque completa perché non tralascia le sanzioni amministrative in materia di condotte violente, ingiuriose, offensive o moleste nei confronti del personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria.
L’art. 9 , Sanzione Amministrativa, interviene in tal senso:
-“ 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque tenga condotte violente, ingiuriose, offensive o moleste nei confronti di personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria o di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso funzionali allo svolgimento di dette professioni presso strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche o private e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 5.000”.
La sanzione amministrativa è contestata e comminata ai sensi della Legge 24 novembre 1981, n. 689 e suc. mod., intitolata modifiche al sistema penale, dove emergono in tal senso la funzione e le modalità di svolgimento.
La legge deve essere applicata.
I dati INAIL, relativi al quinquennio 2015-2019 parlano chiaro:
“Gli infortunati sono per tre quarti donne, risultato del 60% femminile riscontrato negli ospedali e case di cura e dell’80% , sempre femminile, nelle strutture di assistenza sociale residenziale e non.
Nelle aggressioni tra persone ( in alcuni casi residuali possono provenire da animali), in nove casi su dieci provengono da persone esterne all’impresa e il restante 10% tra dipendenti della stessa.
La professionalità (secondo la codifica ISTAT Cp 2011) più colpita in termini assoluti è quella dei tecnici della salute che concentra un terzo del totale dei casi : sono prevalentemente infermieri, ma anche educatori professionali, normalmente impegnati nei servizi educativi e riabilitativi all’interno dei servizi sanitari o socio-educativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani.
Seguono con il 25% dei casi gli operatori socio-sanitari delle “professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali” e poi col 18% le “ professioni qualificate nei servizi personali e assimilate” (soprattutto operatori socio assistenziali e assistenti – accompagnatori per disabili).
Con sensibile distacco e percentuale inferiore al 4% dei casi di aggressione nella Sanità, la categoria dei “medici” (per un terzo psichiatri), per la quale si evidenzia che non rientrano nell’obbligo assicurativo INAIL medici generici di base e liberi professionisti. Più della metà degli infortunati ha riportato contusioni e un altro quarto lussazioni/distorsioni, localizzate soprattutto alla testa (30% dei casi) e agli arti superiori (altro 30%), poi al torace/organi interni (20%), alla colonna vertebrale (11%) e infine agli arti inferiori(9%).”
Ogni anno,quindi, secondo INAIL, in Italia si contano 2000 atti di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità, che è come dire che il 50% dei 4000 casi totali di violenza registrati nei luoghi di lavoro riguarda medici infermieri ostetriche, farmacisti ed operatori socio-sanitari, ovvero coloro che curano o si prendono cura dei cittadini.
In assoluto un infortunio su dieci è dovuto ad aggressioni.
Nel 72% dei casi le vittime delle aggressioni sono donne.
La classifica dei luoghi maggiormente colpiti dalla violenza, in ambito medico, vede al primo posto i pronto soccorso, seguono i reparti di degenza, gli ambulatori, i reparti psichiatrici di diagnosi e cura, le terapie intensive, gli ambulatori di medicina legale.
Le minacce costituiscono il 60% dei casi, seguono le percosse al 20%. Sussiste un 10% di violenza a mano armata ed un 10% relativo al vandalismo.
La violenza è commessa per il 49% da pazienti, 30% dai familiari, 11% dai parenti, ed un 10% da utenti vari.
Le fasce orarie più a rischio sono quelle della sera e della notte e la percezione di violenza è negli operatori aumentata.
Emerge un sicuro danno economico con migliaia di giornate di lavoro perse in continuo aumento annuale.
I danni economici ammontano per il SSN a svariate decine di milioni di euro.
Le misure di prevenzione devono essere sistematiche in ambito pubblico e privato ed a norma di
legge devono essere monitorate nella loro efficacia in modo continuativo.
Venir meno ai doveri di tutela della sicurezza dei lavoratori è un fatto grave.
In questo senso intervengono ormai importanti sentenze penali contro chi ha responsabilità della gestione aziendale della sicurezza.
La Corte Penale del Tribunale di Bari, I sez. pen., 26 ottobre 2021, n. 1299 “ha condannato per omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro il direttore generale di una ASL nel cui ambito operava un Centro di salute mentale nel quale, nel 2013, una psichiatra era stata orrendamente assassinata da un frequentatore del Centro, poi condannato con rito abbreviato ad una pesantissima pena detentiva per omicidio volontario pluriaggravato”.
“…la sentenza ha definito quell’omicidio «un crimine tristemente annunciato», in quanto «il centro era frequentato quotidianamente da soggetti con gravi turbe psichiche o con disagi del comportamento, soggetti cosiddetti borderline anche già sottoposti a procedimenti penali per fatti violenti… che potevano in qualunque momento dar luogo ad esplosioni di rabbia incontrollata nei confronti di chiunque, specialmente nei confronti di operatori sanitari, senza che sia mai stato previsto dagli organi preposti alcun tipo di pur minimo assetto o presidio di sicurezza a tutela del personale operante». Un crimine tristemente annunciato in un luogo che i giudici hanno definito «di frontiera».”
In conclusione il monito che deriva da questa sentenza è chiaro:
-Le aggressioni al personale sanitario sono eventi classificabili come prevedibili;
-Stante la prevedibilità dell’evento, vanno messe in atto le modalità per la prevenzione dei rischi a fondamento dell’adozione di regole cautelari idonee a tal fine(Cass., sez. lav., 28 ottobre 2016, n. 21901);
-A garanzia di chi esercita la responsabilità interviene la regola cautelare relativa al fatto che non può essere “soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione “ex ante”, non avrebbe potuto comunque essere evitato (Cass. pen., sez. IV, 29 maggio 2018, n. 24109).
Concludendo solo una nuova alleanza tra management ed operatori sanitari e cittadini può dare risposta al grave fenomeno delle aggressioni in ambito sanitario.
La questione ha radici anche culturali, ma la cattiva organizzazione del lavoro, in termini di assetto e di funzionamento, anche legata al modo in cui si è trascurato il problema della carenza di personale oltre che al mancato intervento preventivo specifico nel settore in esame, ha fatto emergere rischi psico-sociali, compresi gli atteggiamenti violenti nei confronti degli operatori sanitari da parte degli utenti, e come tale ha bisogno di risposte concrete e di una nuova solidarietà che si concretizza solo laddove il bene comune della tutela della salute ritrova la propria priorità in tutte le politiche e per tutti i protagonisti.
Per bibliografia: martellonimassimo.prof@gmail.com